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Lunedì, 21 Luglio 2025 18:30

«Scrivere di sé col coraggio della memoria Anche questo è esistere, anzi rinascere» Duccio Demetrio stasera a Lograto su «Sentire ed ex-sistere. Elogio della scrittura»

Duccio Demetrio - Filosofia dell'educazione e della narrazione. Duccio Demetrio - Filosofia dell'educazione e della narrazione.

Duccio Demetrio stasera a Lograto su «Sentire ed ex-sistere. Elogio della scrittura» Nella serata verranno anche premiati i vincitori del contest artistico realizzato in collaborazione con l'Accademia Santa Giulia.

La scrittura come viatico per la consapevolezza di «ex-sistere», nel senso etimologico del termine. E, soprattutto, la scrittura di sé che non ama la fuga dalla realtà, ma attinge alle sensazioni che cose, natura, affetti, sentimenti le offrono. L'affascinante tema sarà esplorato da Duccio Demetrio nella sua lectio magistralis «Sentire di ex-sistere. Elogio della scrittura», stasera alle 21 a Villa Morando di Lograto (in caso di maltempo, parrocchia Ognissanti, via Fratti 19) per il festival Filosofi lungo l'Oglio diretto da Francesca Nodari.

Professor Demetrio, ci può anticipare il tema della sua lectio magistralis?

Quando avvertiamo il desiderio di scrivere, la nostra vita si «accende» in noi, nel qui ed ora. Non dobbiamo, né possiamo dimenticarci di quell'altra temporalità che abbiamo già vissuto. Alla quale rispondiamo scoprendo la necessità, il fascino e l'importanza esistenziale di una sillaba (ex uguale ad èks: fuori da, altrove), che ti dice: coraggio, ricordati di ieri o l'altro ieri, c'eri. Se cerchi di capire chi sei anche dai tuoi addii, se accetterai di volgerti indietro col pensiero e poi con la penna, fermerai quei ricordi, ridarai loro una voce. Scoprirai che il tempo dell'esistere, del sentirsi ex-sistere, risveglia emozioni e sentimenti quali la nostalgia, malinconie poetiche, rimpianti, oppure esperienze che furono di gioia e felicità da non consegnare all'oblio: poiché ci riportano là dove già siamo stati; dobbiamo prendercene cura, trasformandoli in coscienza di sé e desiderio di futuro che scaturisce dall'allora.

In che senso la scrittura di sé, o autobiografica, ci può portare nel centro del nostro esistere (fil rouge del festival)?

Una centralità che definisco coraggio della memoria. L'impresa, il lavoro su di sé, presiede sempre ad una avventura emancipatrice, che offre allo scrivente, anche «al più fragile», una possibilità liberatoria contrassegnata dalla volontà di sfidare il silenzio di quei fogli bianchi. Quando un dolore morale, grazie alla scrittura (paragonata ad un bisturi, una sonda, un pozzo dal quale ex-traiamo lenimento), viene rielaborato correggendoci e un dolore fisico viene trasformato in parole. La scrittura della memoria ci permette di ritrovare il nostro ego, quando il presente lo abbia travolto, umiliato, accecato.

Questo esercizio è accessibile anche a chi non ha particolari attitudini verso la scrittura?

Nelle mie ricerche mi riferisco soltanto a scritture (esaminando e promuovendo l'uso di diari, epistolari all'antica, esperimenti poetici, memoriali, appunti...) libere da ogni obbligo di correttezza stilistica. Sono fogli che non perseguono successi letterari, ma sono caratterizzati da intenzioni narrative spontanee, semplici, persino ingenue ed elementari. Fra queste: il desiderio di raccontare ad altri, non di certo a critici o linguisti esigenti, la propria storia o momenti particolari anche drammatici di essa. Il conforto, come sentimento di ex-sistere, per me è nella libertà che tali scritture «inseguono». La facoltà di sapere scrivere, almeno di se stessi, anche in forme approssimative, in molti di questi casi rappresenta la conquista di un diritto civile oltre che personale.

Lei sostiene anche che la scrittura ha una sorta di potere catartico, ci fornisce del mondo una versione capace di confortarci...

Oltre che catartico certamente maieutico: la scrittura riporta alla luce, ci fa rinascere, ci educa. Raccontare di sé - di chi si ritenga di essere stati, di volere, di giudicare, di credere - è un gesto della mente e dei sensi che persegue la ricostruzione e la riparazione della propria esistenza. Il potere catartico si adempie quando quell'io che la scrittura contribuisce a riabilitare ci ha permesso di tornare nel mondo se l'avevamo abbandonato. Mi riconosco nelle parole Annie Ernaux: quando negli «Anni» scrisse che dobbiamo cercare le risposte ancora latenti per lasciare tracce di noi attraverso scritture non esposte all'effimero e pervasivo «vento della voce». «Per salvare - ha detto la scrittrice francesealmeno qualcosa del tempo in cui non torneremo mai più».

Le Video lezioni

Sul nostro canale youtube puoi trovare tutte le video lezioni del nostro Festival di Filosofia.