Professor Tagliapietra, può anticiparci il tema dell'incontro?
A differenza di quel che si pensa, "esistere" non è questione spontanea, come la rosa che sboccia senza perché (per citare il mistico Silesius). Non è un fatto naturale, passa anzi attraverso i simboli: parlare, dipingere... e tante altre cose senza le quali non esistiamo, ma semplicemente vegetiamo. Cerco di mostrare come l'esistere dell'umano, dal punto di vista storico, si manifesti in due modi prevalenti: uno legato alla scrittura, in quanto trasferimento del linguaggio verbale, che consente di sviluppare discorsi molto complessi e produzioni quali romanzi, epica, la Bibbia stessa e l'Odissea, gigantesche strutture simboliche, e le istituzioni umane (la Costituzione). L'altro rimanda invece all'essere spettatore, che si sviluppa in maniera più accelerata nella cosiddetta società dello spettacolo, per cui i nostri rapporti con gli altri sono mediati da immagini, una sorta di schermo nei confronti del mondo, che presuppone una risposta quasi istintuale.
Nel mondo contemporaneo quale dei due atteggiamenti prevale?
Ci troviamo nella società dello spettacolo, imprigionati in continue stimolazioni emotive che finiscono per renderci impotenti. Lo spettatore sta fermo e, dopo aver visto al telegiornale le scene più efferate - guerre e catastrofi di ogni genere - se ne torna tranquillo a cenare. Sembra che ogni atrocità possa essere accolta e sopportata nelle maglie del quotidiano. È come se i contemporanei avessero fatto proprio lo sguardo di Giovanni nell'Apocalisse, che vede la fine del mondo senza restare toccato. Ecco, noi assistiamo allo spettacolo del mondo, ma in modo passivo, senza interagire e con un senso di assuefazione al disastro, che si accompagna al potere illusorio di essere immuni da tutto. Questa è la situazione esistenziale dello spettatore: derealizzazione e sottovalutazione del pericolo.
Esiste un modo per trasformarsi da spettatore a lettore?
La mia proposta è: leggere le immagini. Credo che la lettura non sia soltanto un modo umanistico del passato di avere a che fare con l'universo, ma una risorsa per il futuro. Occorre oltrepassare il luogo comune per cui la lettura è riproduzione di un testo scritto: la lettura singolare, individuale rappresenta una forma creativa di secondo livello per rapportarsi ai fenomeni culturali. I grandi libri producono ogni volta nuovi lettori, poiché ci mettono in contatto con altri vissuti prima di noi. La lettura nasce come momento collettivo a voce alta, a teatro e negli incontri pubblici degli antichi. Oggi come spettatori viviamo isolati, in quanto la civiltà dello spettacolo non produce momenti di creazione democratica e libertaria, ma solo una moltitudine di individui che condividono la solitudine.
Ritiene che la politica abbia una responsabilità in questa deriva?
Senz'altro. La politica vive pienamente questa situazione apocalittica rilanciandola in continuazione, perché tutto sommato non crede alle parole che usa. I mass media non hanno più la capacità di riprodurre ciò che accade veramente: negli attuali conflitti, come quello in Ucraina e Medio Oriente, rispetto ad esempio agli anni della guerra in Vietnam, sorprendentemente sono pochissime le immagini e spesso sostituite con filmati di repertorio o tratti da videogiochi. L'aspetto ludico della società dello spettacolo porta gli esseri umani ad una sorta di rimbambimento, mentre il politico è vittima della sua stessa macchina della propaganda, dove la costruzione fittizia finisce per essere creduta da coloro che l'hanno realizzata.