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Martedì, 07 Luglio 2015 09:08

Augè e le sue «nuove paure»

Pensatore di un'antropologia della «Surmodernità», indagatore delle relazioni tra spazio, tempo e identità, etnologo africanista, scopritore di quei «non-luoghi» che in nome della velocità di transizione, consumo e comunicazione oscurano ogni forma di alterità e si negano a qualsiasi legame di senso con il luogo in cui sono inseriti.

Finissimo pensatore contemporaneo capace di svelare, con estrema lucidità ma senza mai cadere in un pessimismo catastrofico, le inquietudini sociali, le solitudini esistenziali e le paranoie di insuccesso di un'umanità scissa tra il desiderio di incidere nel presente e il timore di non contare nulla. Definizioni che racchiudono, senza la pretesa di essere esaustive, la figura e la ricerca dell'antropologo francese Marc Augé. Già celebrato in Italia per il legame con il Festivalfilosofia di Modena, il pensatore transalpino è stato accolto ufficialmente nell'Olimpo degli intellettuali cari alla terra bresciana e alle sue più alte espressioni accademiche e culturali: il suo ultimo libro, «Le Nuove Paure. Che cosa temiamo oggi?» (Bollati Boringhieri) è stato proclamato vincitore della quarta edizione del «Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi Lungo l'Oglio». Un libro per il presente.

Il riconoscimento, consegnato ieri sera all'Hotel Iseo Lago di Iseo nella cornice della decima edizione del Festival Filosofi Lungo l'Oglio, è stato sancito da un'autorevole commissione giudicatrice formata dal direttore scientifico del Festival Francesca Nodari, dal professor Adriano Fabris (presidente di giuria), ordinario di Filosofia morale all'Università di Pisa, dal direttore editoriale dell'editrice La Scuola Ilario Bertoletti, dal teologo Azzolino Chiappini, dal presidente emerito dell'Ucei Amos Luzzato, dal filosofo delle religioni Aldo Magris, dal filosofo Salvatore Natoli e dal membro del Comitato Onu per i i Diritti del Fanciullo Maria Rita Parisi. La laudatio del premiato, declamata dalla professoressa Nodari, è stata preceduta dal saluto di don Armando Nolli, ancora per pochi giorni parroco di San Faustino e Giovita. Parafrasando l'invito di Augé a coltivare lo sguardo dell'alterità e collegandolo all'annuncio del Vangelo, il religioso ha rivolto un messaggio esplicito alla cronaca dei nostri giorni: «Quando due popoli si guardano dall'alto in basso non c'é più posto per Dio», ha ammonito.

LA LUNGA DISAMINA dei meriti dell'antropologo francese ha tenuto conto delle esperienze maturate «sul campo», delle immersioni in «altri mondi» volte a sviscerare le rappresentazioni simboliche di morte, malattia e religione, del passaggio da un'etnologia del soggiorno a un'etnologia dell'incontro, porta verso un'approccio che all'insieme del gruppo predilige l'individuo nella sua unicità, fino ad arrivare a citare le intuizioni che hanno saputo illuminare con inediti bagliori lo sguardo filosofico sugli smarrimenti della società, soprattutto quella occidentale. Non tutto è però perduto: davanti alle minacce del terrorismo, all'emergenza climatica, all'allarme pandemico, Augé suggerisce la riscoperta della curiosità, intesa come «utopia dell'educazione», invita a non fossilizzarsi nella contemplazione dei propri confini.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Davide Vitacca
  • giornale: Bresciaoggi

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