Di fronte a noi, ecco «una profonda buca nel marciapiede. Ci cado, sono persa», dice Portia Nelson nel primo dei cinque "corti capitoli" della sua famosa poesia. Che va avanti così: il giorno dopo, la buca c'è ancora: «io fingo di non vederla. Ci ricado». E ancora, il giorno seguente. Ma è allora che avviene la prima realizzazione: «so dove sono. È colpa mia. Ne esco immediatamente». Secondo Maria Rita Parsi, la psicologa e psicoterapeuta che ha dedicato la vita al mondo dell'infanzia e della formazione, il momento per cambiare è adesso. «A differenza del passato, abbiamo gli strumenti per farlo. Chi si volta dall'altra parte è colpevole di questo stato di cose».
Parsi parlerà anche di questo in occasione del suo intervento "Tracciare è esistere", che si terrà a Sarnico questa sera e chiuderà la ventesima iterazione della rassegna Filosofi lungo l'Oglio. Alla fine della serata, inoltre, verrà svelato il tema della prossima edizione.
«Nel futuro, non potremo approcciare l'esistenza per come è stato finora», dice Parsi. «Altrimenti, le farse e le tragedie del nostro tempo si perpetueranno». Il primo pensiero va naturalmente alle guerre: «le si combatte sapendo benissimo quali sono le conseguenze. In ogni caso non sono i potenti a pagarne il prezzo, ma la povera gente, da una parte e dell'altra».
Le guerre si combattono da quando esiste l'uomo. E' davvero possibile sperare di interromperle? «Oscar Wilde diceva che «un atlante che non comprenda l'utopia non merita nemmeno uno sguardo, perché lascia fuori il Paese dove l'umanità approda sempre». È un dovere di tutti opporre alla distruzione - che è autodistruzione d noi stessila forza della creazione».
Si tratta di quella "azione creativa" che nel pensiero di Parsi ritorna spesso. «E' in tutti i linguaggi dell'arte: letterario, musicale, anche virtuale. L'eternità della bellezza permette di opporre la creatività alla angoscia di morte di cui parlava Erich Fromm». I paralleli fra arte e virtuale, se ci si pensa, sono notevoli. Perlomeno se vengono interpretati, come fa Parsi, in quanto veicoli di immortalità. «Il virtuale ha sconfitto la morte. Una volta che ce ne saremo andati, di noi resterà un vero e proprio avatar. Siamo riusciti a creare un aldilà in cui si può morire e rinascere».
Fra le altre cose, Parsi ha fondato la SIPA, scuola incentrata sul metodo della psicoanimazione: un approccio pedagogico sorretto dalla psicologia e della filosofia. Ed è proprio da qui che bisogna ripartire: «nessuno di noi ha preso la decisione di nascere. All'inizio, siamo catapultati in un contesto sociale e culturale nel quale bisogna compiere le proprie "prove di crescita". L'emancipazione e l'autonomia è lenta e graduale, e dev'essere accompagnata da un processo di formazione che la società deve promuovere ad oltranza». E questa l'unica speranza per il domani: «formare significa prevenire la nostra distruzione. L'investimento in questo senso deve dirigersi verso i due pilastri che non possono essere trascurati: scuola e famiglia. Solo così si possono formare i formatori di domani».
Nel quarto capitolo della poesia, il personaggio di Portia Nelson decide finalmente di evitare la buca girandoci intorno. Nell'ultimo, prende un'altra strada. Quello che possiamo - «dobbiamo!», secondo Parsi - fare anche noi.