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Martedì, 01 Luglio 2025 00:04

«NOI NON SIAMO ISOLE»

Francesca Nodari a Ospitaletto: «Abbiamo bisogno dell'altro e bisogno del tempo» Francesca Nodari a Ospitaletto: «Abbiamo bisogno dell'altro e bisogno del tempo»

Jonatan Sacks raccontava scherzosamente dell'abitudine di Levi, un ateo, di recarsi in sinagoga. Interpellato sul motivo, questi ebbe a dire: "Il mio amico Markowitz ci va per parlare con Dio. Io ci vado per parlare con Markowitz". La filosofia e la religione ce lo urlano da secoli: siamo animali sociali. C'è scritto anche nella Genesi: non è bene che l'uomo sia solo».

Il tema di questa ventesima edizione di Filosofi lungo l'Oglio, di cui Francesca Nodari è direttrice e fondatrice, si riassume nell'infinito «esistere». Dietro ad esso, però, malgrado i diversi punti di vista dei relatori fin qui intervenuti, compare, trasversalmente ma con una certa insistenza, quello del dialogo e della relazione con l'altro. Tornerà a parlarne proprio Nodari nel suo intervento in programma il domani a Ospitaletto. «Un tema viene scelto in base alle aporie della società che riesce a portare alla luce. In questo caso il fil rouge è il ricorso del contemporaneo all'egoismo e all'egolatria».

David Le Breton, professore di sociologia all'Università di Strasburgo, ha parlato della «fine della conversazione». Assistiamo all'emergere di una nuova povertà sociale: la solitudine. Le domande della filosofia sono sempre le stesse e rimangono pressanti, ma dobbiamo affrontarle sempre più soli e sempre più lontani. Come dice l'antropologo Marc Augé, «la nostra società è composta di possidenti, consumatori ed esclusi: questi ultimi sono destinati ad essere l'uno di fronte alla massa anonima dei molti».

Fra i massimi elementi di criticità di questo contesto ci sarebbero le nuove forme di comunicazione digitale. Per Nodari, lo schermo «è un limite, una barriera fra me e l'altro» e l'iperconnessione produce un paradosso: «Siamo costantemente connessi ma allo stesso tempo più soli. Il "biancore" di cui parla Le Breton diventa costitutivo della nostra condizione e quindi patologico: scivoliamo nella defezione della responsabilità e rifuggiamo nelle vite virtuali. Siamo completamente chiusi alla relazione e all'evento. Se vogliamo esistere e non sopravvivere, dobbiamo essere in grado di scoprire il volto dietro alla maschera».

Parole che riecheggiano quelle di Emmanuel Levinas, che Nodari studia da una vita anche grazie agli insegnamenti di Bernhard Casper, filosofo tedesco scomparso alcuni anni fa. «La formula del volto dell'altro è giustamente famosa ma contribuisce a volte a travisare la profondità di Levinas: è un punto d'arrivo, non di partenza. Oggi ci siamo dimenticati che la nostra identità passa attraverso l'alterità e il confronto con l'altro. Prenderne consapevolezza ci permetterebbe di fare il salto e iniziare qualcosa con noi stessi».

Questo pensiero non rischia però di trascurare almeno parzialmente: «L'individualismo è stata una conquista della modernità. Ma la deriva a cui è stato condotto l'ha trasformato in una chiusura indivisibile - come si capisce dall'etimologia - ed egocentrica. La singolarità dev'essere rispettata, ma il soggetto non può essere schiacciato su quest'unica dimensione».

Per Nodari, allora, la soluzione sta «nell'anacronismo salvifico della diacronia. Abbiamo bisogno dell'altro e bisogno del tempo: il nostro, però, e non quello sincronizzato degli orologi». Perlomeno, quello necessario per andare in sinagoga a parlare con Markowitz.

Le Video lezioni

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