Nell'era dell'indifferenza e dell'individualismo come quella presente è quanto mai importante cogliere l'essenza del desiderio che non è una mancanza ma piuttosto un'assenza che non potremo mai colmare ma che ci "ispira". Il movimento psichico che si delinea è quello che ci invita a uscire da noi stessi per contemplare l' "Altro", per scoprirlo, reinventarlo, lasciarsene ispirare, saperne cogliere l'aura metafisica. Partendo dai Greci per arrivare a Lacan e a Levinas l'autrice - peraltro nuora del grande filosofo francese Emmanuel Levinas, di origini ebraico-lituane - coglie l'essenzialità di questa tensione verso l'Altro che è un modo - il migliore - di stare al mondo e con il mondo. La malinconia inoperosa crea una barriera di fronte all'essenza del mondo al contrario della malinconia operativa che spinge a stare di fronte a ciò che non possiamo possedere ma ci conferisce saggezza. L'autrice, formatasi al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica, quindi all'Ecole Normale Superieure di musica e all'Università Paris IV e Paris I Sorbonne, è tra le più importanti filosofe europee viventi oltre che musicologa.
A proposito di Emmanuel Levinas, l'autrice coglie il presupposto fondamentale del superamento del concetto di identità inteso in senso tradizionale, chiarendo che "la fecondità dell'io è la sua stessa trascendenza". L'io è fecondo quando reca in se stesso l'Altro o gli Altri, si configura non come una monade isolata ma in perenne relazione con il mondo, da cui deriva il suo "trascendere se stesso". Non più dunque una coscienza centrata sull'Io, sull'ego, ma una coscienza che si profila come l'urgenza di una destinazione che porta all'Altro.
Secondo Levinas l'io tende a ridurre il diverso a ciò che è uguale, ovvero a se stesso, riportando tutto alla propria matrice; ma c'è qualcosa che sfugge e resiste a ogni tentativo di possesso: il volto dell'Altro, che pone un limite. Nel volto di un altro essere umano si manifesta la presenza di Dio nel mondo. Il volto ha anche un valore etico, perché ci chiama in causa, ci obbliga a metterci in discussione, ci rende responsabili. Il volto dell'altro è un appello che ci invita a prenderci cura della sua esistenza, superando il nostro egocentrismo e riconoscendo la sua alterità.
La carezza quindi - tema centrale - consiste nel non impadronirsi di niente - impulso connaturato alla condizione umana nel sollecitare ciò che si sottrae come se "non fosse ancora". La carezza non è "afferrare" bensì "donare" in modo gratuito. Il desiderio è impulso a uscire da se stessi, evitando il solipsismo psichico; nella tradizione ebraica dell'Antico Testamento il testo che meglio esprime questa essenza del desiderio e la sapienza dell'amore è Il Cantico dei Cantici.
L'autrice esamina a fondo questo testo ebraico, evidenziando le espressioni più forti e più attinenti al "desiderare": colei che parla è malata di desiderio per l'amato: "Mettimi come un sigillo sul tuo cuore/come un sigillo sul tuo braccio;/ perché l'amore è forte come la morte". Qui l'amore si configura come ricerca dell'Altro, l'amato, il promesso, l'assente.
Vi è anche una pazienza del desiderio: la gioia non è legata alla soddisfazione dell'impulso ma alla semplice esistenza dell'oggetto amato. L'amato si riveste dunque di un'aura mistica, l'incontro con l'amato nel Cantico diventa incontro con Dio, non vi è cesura tra l'immanente e il trascendente. La dimensione umana dell'Eros diventa dimensione divina. Ci sovviene qui il ricordo universitario di un poeta dell'Amor de lonh, l'amore di lontano, Jaufrè Rudel, trovatore provenzale del XII secolo, che canta l'amore impossibile per una donna lontana - chiamata dalla leggenda la contessa di Tripoli - di cui Jaufrè si sarebbe innamorato senza averla mai vista e tra le cui braccia - sempre secondo la leggenda - sarebbe morto nel tentativo finalmente riuscito di incontrarla.
Amor de lonh è più di una espressione poetica, forse è un modo di pensare la vita: amare in presenza non è difficile, altro affare è amare in assenza. Nell'orizzonte di Jaufrè le stelle sono assenti perché l'oggetto amato è irriducibile al suo possesso. Amare comporta un desiderio perenne, oltre lo spazio e il tempo.