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Domenica, 20 Aprile 2025 18:28

IL PATTO DI FIDUCIA CUSTODITO NEL SEGRETO

Massimo Cerulo Segreto il Mulino, pagg. 140 Massimo Cerulo Segreto il Mulino, pagg. 140

Zone d'ombra. Massimo Cerulo si concentra su una parola apparentemente anacronistica nell'era digitale in cui si sa tutto di tutti.Eppure costituisce una condizione esistenziale dell'individuo,sia nel mantenerlo sia nel condividerlo

Perché si costruiscono e si mantengonoi segreti? Quali responsabilità implicano per il soggetto che li custodisce? Come si configura l'interazionefra due figure chiave:quella del custode, ovvero di colui che detiene il segreto o al quale viene confessato e quella del testimone, che cerca di carpirne il senso? Sono questi, soltanto, alcuni degliinterrogativi che attraversano lo stimolante saggio di Massimo Cerulo intitolato, appunto, Segreto (il Mulino). Una parola apparentemente anacronistica, nell'era in cui si sa tutto di tutti, ma che in realtà costituisce una condizione esistenziale dell'individuo. Come ricorda Massimo Cerulo, alla base della relazione sociale stanno sia il diritto alla domanda sia il diritto al segreto: io posso sempre chiedere così come tu puoisempre non rispondere. Possiamo considerare il mantenere o il confidare un segreto come una delle abitudini ricorrenti dell'umanità. Eppure conservare un segreto, non condividerlo può risultare logorante: «L'essere umano non può sopportare troppa realtà, come scrive Thomas S. Eliot, dunque necessita dell'altra persona: qualcuno cui sussurrare, confidare, urlare una conoscenza che appare oscena oscena o scabrosa».

Un segreto confidato genera un patto difiducia al quale, spesso, si dà il nome di amicizia.

Se quest'ultima è considerata unaforma di socialità, il segreto assume i tratti di un nutrimento per una relazione amicale, ma anche quelli di un potenziale fattore distruttivo, nel caso in cui il segreto venga svelato. Cerulo richiama una delle antiche modalità su cui vergare i propri segreti: il diario. Attraverso il ricorso a questa pratica, da un lato, v'è una tendenza a rinchiudersi in sé stessi (sul diario si scrive in solitudine e in luoghi isolati come la propria camera); dall'altro, v'è la necessità di condividere con qualcuno quanto si è scritto per rendere meno greve il peso contenuto in quelle parole. Ma questo comporta esercitare un certo senso del pudore e del tatto da parte dell'amico, guardandosi dal non oltrepassare quel confine che preserva la relazione. Non a caso Georg Simmel loda la discrezione poiché consiste «nel fatto di tenersi lontani dalla conoscenza di tutti quegli aspetti dell'altro che egli non manifesta in modo positivo».

Riepilogando le quattro definizioni che il vocabolario Treccani dà della nozione di segreto la primalo descrive come qualcosa che si tiene nascosto e non si rivela a nessuno, la seconda lo configura come una notizia che si confida e su cui si e obbligati a mantenere il silenzio, la terza indica il segreto come sinonimo di obbligo morale o imposto per legge di non diffondere una notizia, infine la quarta dentifica il segreto come il metodo o la procedura utilizzati da qualcuno per svolgere al meglio un'attività (il segreto di un mestiere) — il sociologo richiama alcune espressioni comuni quali: «avere un segreto sulle labbra», «portare il proprio segreto nella tomba», «essere nel segreto degli dei» (ovvero possedere le confidenze di persone importanti) per poi osservare come il sacramento cattolico della confessione — oggi molto in crisi a causa della secolarizzazione — abbia portato ad un progressivo affievolimento del senso del segreto nell'accezione confessionale. «Oggi non ci si confessa, ma ci sfoga», avrebbe confidato un sacerdote. A ciò si aggiunga il paradosso che vivono molti ministri del culto combattuti tra l'obbligo di non divulgare dei peccati (segreti) e il dovere di denunciare reati di cui vengono a conoscenza nel buio del confessionale. Se la segretezza, come rimarca ancora Simmel, «è una zona, un'area, un tempo in cui un individuo si cela all'altro per costruire la propria identità», non dovrebbe certo stupire quanto sosteneva Freud, secondo il quale la prima bugia detta ad un genitore rappresenta il primo segreto del bambino. Essa testimonia la capacità del piccolo, nella sua innegabile innocenza, di iniziare ad individualizzarsi.

Con l'arrivo dell'adolescenza lo spazio del segreto permette ai ragazzi difuggire in un luogo protetto da qualsivoglia sguardo controllore. Di quila forte presa di posizione di Cerulo nei confronti dei genitori che osano introdursi nella stanza dei figli — che dovrebbe rimanere chiusa — o che mossi da un'ossessiva apprensione si affidano a una app per conoscere gli spostamenti del figlio,in un clima di iperprotezione che non consente ai ragazzi di mantenere segreti i segreti, perlopiù relativi a questioni che ineriscono la sfera sessuale, ma anche le performance negative: scolastiche, sportive, lavorative.

Per stessa ammissione di questi ultimi, emersa grazie a un confronto diretto dell'autore con i suoi studenti, si dà anche l'altro lato della medaglia: ovvero la presenza di non-detti da parte dei genitori ai figli. Si può trattare di una malattia tenuta nascosta odi altre informazioni che essi hanno voluto secretare. Eppure la funzione strutturale del segreto è,da un lato, la sua custodia, dall'altro, la sua condivisione. Come conservarne la specificità nell'odierna società digitale? Il rischio della fusione in un Noi completamente trasparente non potrebbe che condurre alla perdita di pezzi della propria autenticità. Si tratta, allora, di «difendere il segreto», la cui esistenza rafforza la relazione ossia genera reciprocità tenendo insieme il Noi che funge da collante al legame sociale. Solo in tal mondo, l'espressione: «Non dirlo a nessuno» non verrà svuotata di significato scampando al rischio di essere letta come «il segreto di Pulcinella», ovvero qualcosa che è divenuto di pubblico dominio.

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