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Domenica, 02 Luglio 2023 01:18

Zamagni: «Papa Francesco è l'unico che ha a cuore la pace e non la vittoria»

Stefano Zamagni. Un economista già alla Pontificia Accademia di Scienze sociali Stefano Zamagni. Un economista già alla Pontificia Accademia di Scienze sociali

Si dichiara «moderatamente ottimista» Stefano Zamagni, commentando la missione diplomatica che il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, ha appena concluso a Kiev e Mosca. Venerdì prossimo, 7 luglio, Zamagni - notissimo economista, presidente dal 2019 sino al marzo scorso della Pontificia Accademia di Scienze sociali sarà ospite del festival Filosofi lungo l'Oglio: nel Castello di Dello, alle 21, parlerà di «Perché e come osare la pace oggi?».

Fra i temi che svilupperà vi saranno «le ragioni per le quali è doveroso osare una proposta di negoziato di pace» fra Russia e Ucraina. Ragioni che, nella sua visione, vanno ben oltre la contesa sugli assetti territoriali.

Prof. Zamagni, cosa la rende ottimista?

Il cardinale Zuppi ha potuto incontrare il p atriarca russ o Kirill, che è molto influente su Putin: c'è motivo di ritenere che qualcosa accadrà. La Russia è un Paese particolare, dove la religione conta al 95 per cento. I russi sono tutti di cultura ortodossa, una parola di Kirill vale dieci volte quella di Putin. Non ha le armi, ma ha dalla sua la popolazione.

Ha scritto che quella tra Russia e Ucraina è «la prima guerra globale». Perché?

La guerra globale, a differenza di quelle mondiali, produce effetti anche su Paesi che non hanno parte nel conflitto: si pensi al blocco dei traffici marittimi e terrestri. Essa, inoltre, ha sempre una causa generatrice al di fuori dei Paesi direttamente coinvolti. Questo è l'aspetto più importante, che non viene mai sottolineato.

In questo caso, quale sarebbe la causa?

La vera causa nascosta di questa guerra è la lotta tra Stati Uniti e Cina per il nuovo assetto geopolitico. Gli Stati Uniti vogliono il mantenimento dell'unipolarismo, la Cina l'avvio del multipolarismo. Dal dopoguerra ad oggi l'ordine globale è sempre stato unipolare, con gli Stati Uniti «gendarme» del mondo. Ma i Paesi del cosiddetto Global South nazioni come Cina, India, Brasile, Sudafrica- oggi hanno circa il 50 per cento della popolazione mondiale e un Prodotto interno lordo superiore a quello statunitense. Vogliono contare: hanno già creato la Banca internazionale dello sviluppo, alternativa alla Banca mondiale, e stanno preparando una moneta alternativa al dollaro.

La guerra va letta su questo sfondo?

Certamente. Putin ha invaso l'Ucraina sapendo di avere l'appoggio di quei Paesi. Se finisse con la vittoria secca dell'Occidente, gli Stati Uniti avrebbero ancora la forza per continuare con l'unilateralismo, e viceversa se vincesse la Russia. D'altra parte, se la Russia si logora la Cina la prenderà in custodia, entrando in Europa senza fare guerre. Ecco perché si tratta di un conflitto speciale.

Perché lei sostiene che papa Francesco è l'unico in grado di fare da mediatore?

Il Papa è l'unico che, avendo a cuore la pace e non la vittoria, ha avviato una vera strategia di pace. Che è quella di andare alla causa prima, ovvero dire sì a un multilateralismo basato su regole e garanzie precise. Si è chiuso un ciclo che ha avuto le sue ragioni, sappiamo cosa è stata la guerra fredda. Ma oggi l'unica prospettiva è questa, avviarsi sulla via del multilateralismo.

Lei distingue un pacifismo di testimonianza da uno istituzionale...

Il Vangelo dice: «Beati i costruttori di pace». Vuol dire che la pace bisogna costruirla, non invocarla. Creare le condizioni perché venga garantita e mantenuta. Paolo VI l'aveva compreso già nel 1967. Nella «Populorum Progressio» scrive: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace». Se si vuole veramente la pace, occorre operare perché tutti i popoli possano svilupparsi.

Serve cambiare le istituzioni internazionali?

Bisogna rivedere lo statuto delle Nazioni Unite e creare nuove istituzioni. Io propongo un'Organizzazione mondiale delle migrazioni e una dell'ambiente. Nel mondo ci sono 220 milioni di migranti e non c'è un'agenzia internazionale che si occupi di questi flussi. Lo stesso vale per l'ambiente: non c'è un soggetto in grado di vigilare sul rispetto degli accordi sottoscritti. Ma migrazioni e ambiente sono due fattori scatenanti le guerre.

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