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Sabato, 18 Settembre 2010 18:36

Provvidenza: la speranza nell'incertezza

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Imponderabilità, possibilità, chance, caso, sorte, occasione, speranza sono questi soltanto alcuni dei concetti che rinviano – di fatto – alla Fortuna, tema attorno al quale è incentrata la X edizione del Festivalfilosofia di Modena. Vox media e fitta di nuances anche nella simbologia che la richiama – dagli occhi bendati alla ruota che ne segna l'alternarsi favorevole o contrario e, ancora, all'albero della cuccagna – per arrivare agli oggetti: la cornucopia, il ferro di cavallo, il corno – e ai piatti: si pensi, soltanto, al riso simbolo dell'abbondanza (per gli altri se vedano i succulenti menù filosofici stilati dall’Accademico dei Lincei e filosofo Tullio Gregory, che ne tesse una fenomenologia capace di soddisfare ogni palato) – la fortuna è enigmatica nella sua stessa etimologia – dal latino fors, caso – quasi che richieda, misteriosamente, l'intervento dell'uomo per essere decifrata. Tra le lezioni che hanno aperto la X edizione, interessante è stata la relazione di Giovanni Filoramo, intitolata Provvidenza. Docente di Storia del Cristianesimo all'Università di Torino, Filoramo si è occupato dei fenomeni della religiosità contemporanea, affiancando ai suoi lavori di ricerca storico critica, un'articolata riflessione sulla storia delle religioni. Accanto ai numerosi saggi sull'argomento, Filoramo è noto al grande pubblico, in particolare a quello bresciano, per la sua duplice direzione della Rivista di Storia del Cristianesimo e della Collana di Scienze delle Religioni (Morcelliana).

«Se il Cristianesimo – ha chiarito il docente – rispetto al platonismo, allo stoicismo e all'epicureismo ha introdotto nell'analisi della provvidenza la figura del Figlio dell'uomo, ovvero tutta la novità sta nell'accadimento salvifico di Cristo, si possono tuttavia individuare due tradizioni che hanno, nel tempo, sostenuto posizioni differenti sulla prònoia. Cos'è questo vedere prima o pre-vedere divino? Se, il primo filone riprende un'idea ereditata dal giudaismo – si pensi, in particolare, a Filone d'Alessandria e ai contatti stabiliti con la filosofia greca – ossia il tentativo di conciliare il logos con il libero arbitrio, il secondo – che possiamo individuare in Agostino – interpreta la provvidenza come predestinazione, assumendo una posizione antitetica a quella greca e dello stesso Origene, ove centrale è il ruolo giocato dal soggetto. Se per il filosofo delle Confessioni, manicheo prima della conversione, ciò che conta non è la libertà dell'uomo, ma ciò che Dio ha determinato sul destino dell'uomo, la prima tradizione insiste sull'incontro tra spirito greco e spirito cristiano,come lo stesso Pontefice ha mostrato nel suo discorso all'Università di Ratisbona sostenendo che “nel profondo, si tratta dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione”». Ma quali prospettive aprono, oggi, due vie così diverse? «Benedetto XVI invita a desistere dal de-ellenizzare il Cristianesimo, abbracciando la prima posizione, che lascia – nel mistero irriducibile del Creatore – largo spazio alla libertà umana.

Oggi – riprende Filoramo – tuttavia, in particolare a partire dal dibattito successivo alla Shoah, pare – per ricordare la celebre distinzione pascaliana – che il Dio dei Filosofi sia entrato in crisi e che il rifiuto dell'analogia tra logos e Dio, abbia riportato in primo piano il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Parrebbe paradossale che, proprio in tempi segnati dalla secolarizzazione, ci si affidi maggiormente al Dio che, agostinianamente, è predestinazione» . Del resto, lo stesso Remo Bodei ha parlato di un riemergere delle religioni nei giorni dell'insecuritas: l’avvenire – segnato dall’incertezza – torna ad assumere i tratti di un’indomabile contingenza, man mano che si abbandona il mito cartesiano delle idee chiare e distinte . Torna in mente la «provida sventura» dell’Adelchi di Manzoni. Come dire: è ancora consigliabile scommettere su Dio!

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