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Sabato, 30 Giugno 2018 23:56

«Non c'è ricerca del maestro fuori dalla ricerca dell'altro»

Francesca Nodari - Festival filosofi lungo l'Oglio 2018 - Ludriano Francesca Nodari - Festival filosofi lungo l'Oglio 2018 - Ludriano

Francesca Nodari a Ludriano per il «suo» Festival. Trasmettere educazione, non nozioni.

LUDRIANO. Tocca a lei, la regina del Festival dei Filosofi lungo l'Oglio. Tocca a lei, Francesca Nodari, fare lezione al suo Festival dei Filosofi lungo l'Oglio, che compie tredici anni ed è più giovane e bello di prima: tante persone, nuovi paesi, altri relatori.

«Condividere» è la parola del Festival e lei, l'altra sera a Ludriano, in una bella dimora, la Villa Suardi dei fratelli Bellini, sempre ospitali e amici della cultura, ragiona su un tema impegnativo, «Alla ricerca del maestro perduto». Si tratta di una questione del vivere civile, dell'eterna domanda intorno ai maestri, spariti, nascosti o li a portata di mano, e sugli allievi, altrettanto spariti, nascosti, a portata di mano.

Il condividere, del resto, non è nulla fuori dal connubio maestro-discepolo, padre-figlio, Stato-persona, dove il maestro è scontato se interpreta il ciclo educativo. Francesca Nodari parte dal concetto di Paideia, dal concetto della trasmissione educativa, avvertendo del pericolo di elaborare accademia, nozioni e non la trasmissione dell'educazione, la testimonianza culturale e morale su contenuti.

La leva è l'educare. Due sono le condizioni centrali per ritrovare l'abbraccio formativo con il maestro. La prima si riferisce al bisogno dell'altro. Non sta altrove, l'altro, se non nella visione del maestro e per il maestro della visione dell'allievo. L'altra questione è la percezione del tempo dove accade la simbiosi tra l'io e l'altro. La «tecnica umanissima» dell'aggancio tra maestro e allievo sta nel linguaggio. «C'è un antico proverbio tedesco spiega Francesca Nodari -, si dice: "parla perché dio ti veda" ».

Germania - Corea del Sud. Concedeteci una digressione popolana, fateci dire che quel simpaticone di Loew e quel bravo Muller del calcio tedesco, mercoledì sera, con la Corea del Sud, non si sono parlati e quindi non si sono visti, dimenticando il formidabile proverbio enunciato dalla nostra Francesca: «Kaputt, se fai il mut», dove mut sta per muto. Solo che si parla in tanti modi e certe volte le parole sono vuote, spiega Nodari, e danno luogo a passività. Per esempio, parlando in modo vuoto e a vuoto, succede che diamo per scontati i bisogni primari e, su tutto, il bisogno dell'altro.

Non poteva non apparire il suo Levinas, l'amato filosofo su cui Francesca Nodai ha scritto centinaia di pagine: la rottura più radicale dell'io è il sentirsi bastevoli a se stessi, privandosi dell'altro. Non esiste un rapporto maestro-allievo, padre-figlio, patria-cittadino in assenza del dialogo. Il paradosso è davanti alla porta di casa: come possiamo ricercare il maestro quando evitiamo l'altro, lo scansiamo o fingiamo di non vederlo o addirittura ci siamo abituati a nasconderlo alla vista e alla mente? Il maestro è principalmente e subito l'altro, non esiste la ricerca del maestro fuori dalla ricerca dell'altro. Il maestro, dunque, per facilitare la ricerca dell'altro, si fa ostaggio della persona, come il genitore, e da qui si irradia il principio della verità. Diversamente non esiste il maestro, l'allievo è un evaso dal reale, non si irradia la verità e il vivere diviene confuso e insicuro.

Nel solco di Casper. Bernhard Casper, il maestro prediletto con Emmanuel Levinas, avanza nella lezione di Francesca Nodari. «Attenzione - conclude - la fiducia è la controprova della condivisione tra il maestro e la persona ed essa si comprende come raggiunta allorché l'allievo-persona si sente rassicurato, certo della vicinanza del maestro come il bambino del genitore, appena conquista la prima pedalata e sente che il genitore-maestro-padre gli è accanto e non potrà succedergli niente di negativo. Non avrà paura di nulla, il maestro è lì, allenatore divino, benefattore dell'amore. Maestro di fiducia».



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