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Giovedì, 28 Giugno 2018 20:39

Cacciari: «Non c'è sicurezza se molti vivono nell'inferno»

il filosofo Massimo Cacciari a Lograto - Festival Filosofi lungo l'Oglio 2018 - Condividere il filosofo Massimo Cacciari a Lograto - Festival Filosofi lungo l'Oglio 2018 - Condividere

Oltre mille persone a Lograto per la lezione su «L'animale impolitico» «Puntare sulle buone passioni»

LOGRATO. Mille sedie occupate e molte persone in piedi assicura Angelo Ravelli, patriarca naturale di Lograto nel giardino immenso di Villa Morando. Mille e più, l'altra sera, per ascoltare la lezione di Massimo Cacciari, «L'animale impolitico», al Festival dei Filosofi lungo l'Oglio.

Organizzazione impeccabile, grazie al direttore-presidente della Fondazione, Francesca Nodari; saluti del sindaco Gianandrea Telò e del vice Valeria Belli. «Noi siamo animali dell'agorà - ragiona Cacciari - ma alla base abbiamo la conoscenza. Da Aristotele a San Tommaso, il cammino dell'uomo è costellato da una incitazione, la società politica appartiene alla natura dell'uomo.

L'uomo si riunisce per affermare un'azione comune: per i greci il fine è la conoscenza, per i cristiani la città divina. Quindi arriva Dante e propone una valida doppiezza, ci candida insieme per la città divina e anche per il paradiso terrestre. Terra e cielo si congiungono, non sono altemativi». Anche Sant'Agostino, riflette Cacciari, ci introduce a una «terza via» quando dice «la città di Dio è tra noi», forse anticipando Dante. Ancora Dante si chiede come collocare il fine politico. Se il fine ultimo della persona è la salvezza dell'anima, sarò sempre straniero nella città che vivo? Dante libera il destino degli esseri umani e sottolinea che il fine della costruzione della città dell'uomo è un fine sostanzialmente equivalente al fine sovraterreno. Siamo chiamati in terra a definire un paradiso terrestre.

Cacciari riassume: per Tommaso il fine è uno, ultraterreno, per Aristotele il fine è la conoscenza, per Dante il fine è duplice, in cielo e in terra Poi arriviamo, noi con il pensiero moderno e contemporaneo e «tagliamo corto»: il fine della persona si stacca da ogni presupposto di carattere metafisico e religioso. Nel tempo intermedio Cacciari passa per Machiavelli, Hobbes e Spinoza e pare che siamo condannati a un pessimismo totale, l'uomo è lupo all'uomo e basta.

Invece il filosofo di Venezia appronta una tela di speranza, un impianto mediatorio, l'esistenza e compensazione reciproca delle passioni fredde del male e delle passioni calde del bene. Se l'uomo ha la consapevolezza del negativo deve conoscere la parte positiva di sé. Certo, spiega Cacciari, gli Stati sono in guerra o in sospetto, tendono alla dissociazione. Per fortuna, oltre le cattive ci sono le buone passioni. «La passione della guerra - dice - si equilibra con la passione della paura del morire. Allora è meglio trovare un compromesso. Ci conviene puntare sulle buone passioni, altrimenti ci distruggiamo. Stiamo insieme almeno per convenienza, per non distruggerci».



Di più: Cacciari chiama in campo la passione migliore, e con essa si sta al mondo come si deve. Noi possediamo una passione che si chiama amore: capacità del donarsi senza interesse, innata. Si ama e si dona per natura E dunque perché non fare leva sull'amore per stare in uno Stato amorevole? «Una società - spiega Massimo Cacciari - è un grande tessuto composto da infiniti fili e colori che si compongono nella loro individualità. Siamo egoisti, ma sappiamo che non possiamo essere felici se siamo circondati dall'infelicità dell'altro. Non c'è sicurezza in un mondo in cui molti vivono nell'inferno. E dunque è per passione egoistica ricercare uno Stato aperto a tutti».

Va ordinato il vocabolario del vivere civile, stimola Cacciari. Dismesse le parole «massa e popolo», che evocano una liquidità astratta, dall'altro lato va dismessa la visione anarchica, senza Stato. L'esito positivo di questa operazione civile diviene il recupero della persona, nella sua complessità. Cercando quelle passioni che ti daranno più franchezza, libertà e sicurezza.

Il finale. «La nostra è una socievole insocievolezza, ma non siamo lupi gli uni agli altri, possiamo scegliere, la nostra natura ci permette di scegliere». Applausi da Lograto a Brescia. Mille riperdono sulle strade lontane di casa. Meraviglia di gens filosofica, altro che indifferenza.



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