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Mercoledì, 06 Luglio 2016 07:29

Il filosofo spagnolo Carlos Diaz nella Pieve di Erbusco su «L'etica di Prometeo e l'etica della Gratuità»

«PIÙ RIMANGONO VUOTE E PIÙ LE MANI SI RIEMPIONO»
La Gratuità riceve il dono della casa unica dei cristiani del popolo, nella Pieve di Erbusco, muri perfettamente conservati, luci dosate, sassi parlanti, pubblico intenso e un cane che spunta la testa tra i gerani dell'ultimo piano, appena arriva Francesca Nodari, direttore del Festival dei Filosofi lungo l'Oglio.

Lei, l'altra sera, guida una compagnia di intellettualità eccezionale: il prof. Carlos Diaz, conferenziere della serata, Marc Augé e Armando Savignano (che ha appena ricevuto il Premio internazionale per il suo libro sulla storia della filosofia spagnola). La questione trattata è profondamente morale, riguarda il teatro della grande differenza tra «L'etica di Prometeo e l'etica della Gratuità». Diaz, filosofo, psicologo e teologo, rappresentante del Personalismo ispanico, autore di 250 libri, relatore in ogni parte del mondo, affida la lezione a un testo letto dalla presidente Nodari. «è cieco chi è incapace di cogliere la differenza dice tra un affidamento a se stesso, prometeicamente, e la consegna alla fede, che è il vero valore della persona. Solo la religione può svelare la fiducia che si sente, in principio, per la virtù necessaria della relazione, di quel rapporto tra io e tu oltre il quale non è possibile camminare...». Carlos Diaz crea immagini suggestive dove fissa l'idea, la circolarità dell'io e del tu, la certezza del loro riprodursi con misericordia e compassione. «Le mani umane riflette si riempiono tanto più rimangono vuote», il che sottolinea la convenienza del dono, per cui la bellezza di chi dà realizza la felicità di chi vive di generosità. La religione è in primo piano, entra subito nel teatro del vivere e aggancia la morale fino a dichiarare che essa non è altro che il servizio di Dio attraverso la responsabilità manifestata nei confronti del prossimo. La Gratuità è amore e il cartesiano «penso dunque sono» si trasforma, per Diaz, in «amo dunque esisto». La seconda parte della lezione è un incitamento ad avere fiducia, poiché, come dice Dostoevskij, «tutti siamo responsabili di tutto davanti a tutti... Che cosa diverrebbe una persona non amata?». Quindi, l'invito a una sorta di profondo accontentarsi: «Ringrazia la vita ogni giorno, avrai meno bruciori di stomaco e nell'emozione dell'ultimo addio godrai della sobrietà del capo dei tebani, Epaminonda, che muore con il possesso soltanto di un piccolo ferro». La Gratuità spirituale è fonte di allegria, chi dona senza limiti è felice anche su questa terra e va incontro al prossimo con gioia, trasferisce gioia ed è riconosciuto come riferimento umano e divino, legame inossidabile perché il suo ponte è fatto di compassione e misericordia, di un amore per il prossimo come per se stesso. Insomma, per Diaz non può esistere una Gratuità che venga dalla pura materialità del dare, da un'offerta di carne e non di spirito. Nel suo messaggio si manifesta la chiara intenzione di un riflettere scaturito da Dio, di una dimensione unicamente divina delle più belle azioni umane della Gratuità. Senza relazione, in mancanza di un ulteriore riconoscimento verso l'altro e l'alto, il dono si consuma nell'evanescenza degli interessi mortali, in un'inutile e perfino maligna trasformazione del dare e nel ricevere in disprezzo. Si è gratuiti e si ascolta l'appartenenza alla Gratuità nella ricerca di una relazione umana, nel riconoscimento dell'altro, e, allo stesso istante nella rivelazione di una comune ascendenza verso Dio.

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