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Mercoledì, 22 Giugno 2016 00:56

«Perdonare è concedere la possibilità di riabilitarsi»

Intenso intervento a Cologne del prof. Roberto Mordacci per Filosofi lungo l'Oglio.

«Dal dono al perdono», questione abbastanza nuova nell'itinerario dei Filosofi lungo l'Oglio che ragionano osservando la parola-guida, «Gratuità». L'altra sera, al Teatro parrocchiale di Cologne è entrato in campo un nuovo termine, «Perdono». Roberto Mordacci, prof. di
Filosofia morale, si appassiona intorno alla meta del perdono e per un bel po' compare la forza della morale maggiore della pressione filosofica. Tra dono e perdono, posto pure al centro della tensione, il grande protagonista del libero arbitrio, la bilancia per un credente rischia subito di pendere dalla parte del perdono. Qui, su questo terreno, dono-perdono, la logica dello scambio, nessuna merce filosofica riesce a contenere la voglia di perdonare pure in assenza di un equilibrio tra la dimensione dell'errore. Mordacci ricorda che abbiamo bisogno, naturalmente, di farci perdonare e d'altro canto non è possibile disporre di un perdono per ogni tipo di peccato, di male esercitato.

Perdonare o no. Molto non è perdonabile, la shoah non è perdonabile. Dunque, Mordacci propone delle condizioni per avvicinarsi al perdono, fermo restando che la filosofia e l'etica trovano di dividersi non poco su questa partita tra diritto e morale, necessità di armonizzare rapporti bilaterali e importanza di rendere auspicabile il patto armonico tra persone della stessa comunità di valori. Hanna Arendt non esclude un allargamento del perdono per cui la volontà di vendetta non esclude la necessità di un perdono totale, ad ogni costo. Mordacci, d'altra parte, chiama in campo Aristotele per il quale non c'è perdono di fronte a errori che pregiudicano la stabilità sociale. Il prefisso «per» indica subito un eccesso e perciò un'eccedenzadi pensiero e di volontà, dunque va regolato. Con un'eccedenza troppo forte, il perdono si infrangerebbe prima di raggiungere il proprio scopo, finirebbe in una casa a libertà condizionata. Servono regole per dare un senso al perdono, meglio chiamarle condizioni: servono tre condizioni.

Le condizioni. «La prima condizione per il perdono sostiene Mordacci è il riconoscimento duplice, da parte della vittima e del carnefice di stare di fronte a un atto cattivo, degenerante». La seconda condizione consiste nella libertà di chieder perdono, consapevoli di aver sbagliato. La terza condizione è dentro lo schema della regola cattolica: che ci sia un impegno serio a non reiterare la colpa. Per rimettere i peccati con il dono, si deve sottostare a queste tre condizioni, altrimenti l'irreversibilità del tempo e l'imprevedibilità del futuro finiranno per porre, in un limbo inesausto e inesauribile, la tensione del dono e del perdono. Per il prof. Mordacci, la conclusione è chiara: «Se non ci fosse la possibilità di riabilitarsi con il perdono, nessuno potrebbe salvarsi». Qui, Francesca
Nodari, direttore e presidente della Fondazione Filosofi lungo l'Oglio, incalza Mordacci: «Nel mondo ebraico non esiste la confessione come per noi cattolici: per la confessione, gli ebrei hanno un giorno stabilito, Dio non può concederti il perdono se non ti è concesso dall'uomo a cui hai provocato il male». Infondo, Ebraismo e Cristianesimo muovono sulla stessa scacchiera con regole apparentemente diverse. «Il nuovo governo» di Gesù spinge l'uomo a cercare il suo male e a fare inesimo muovono sulla stessa scacchiera con regole apparentemente diverse. «Il nuovo governo» di Gesù spinge l'uomo a cercare il suo male e a fare i conti con esso. Dopo ci si presenta con la veste bianca e il perdono, pienamente purificato dalle sue stesse eccessive concessioni, si presenta buono per il mondo e soddisfacente per il proprio Dio.

Oggi alle 21.15, di scena Massimo Cacciari, nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Chiari.
Un appuntamento da non perdere per il popolo estivo della filosofia.

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