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Venerdì, 03 Luglio 2015 09:23

L'allegoria intorno al cibo e il vocabolario della violenza

ERBUSCO. Mercoledì sera eravamo tutti umbro-toscani, anzi bresciani scopritori della loro bella terra. Il Festival Filosofi lungo l’Oglio di nuovo, riscopriva una conchiglia di almeno undici secoli fa, una Pieve con affreschi di un millennio, un ciotolato con dentro ancora l'odore delle incursioni e il profumo delle preghiere umili del contado.

L'ambiente. A coprire le spalle dalle umidità delle colline, l'abside romanica di un'elegante possenza semicircolare per custodire da raffreddori e sinusiti i trecento di Francesca Nodari, la leader del festival. La prof. Francesca Rigotti, quasi custodita in un porticato di tre navatine, ha suggestionato bene sul tema, «La Vendetta del cibo». Lei cura metafore, allegorie, immagini e per il loro tramite accede a una lettura singolare di ciò che passa il convento di stagione, sortite buone, regressioni, palude e minimi accessi al futuro. Osserva il linguaggio odierno dei filosofi e scopre un eccesso: i pensieri sono costellati da metafore derivate dal cibo. L'enogastronomia è esplosa, le televisioni conquistate da cuochi con palati che valgono dieci volte l'uno all'audience dei candidati alla vendetta del cibo. Prima di questa esplosione gastronomica, aggiunge la relatrice, il dibattito sul cibo dondolava tra il compiacimento dei cucinieri e gli esteti del biologico. Quindi, austeri pensatori sono entrati in spaccata con metafore di questo genere: «La filosofia è una bella torta - aggiungiamo - l'ente e l'esistente sono bignè ad eterna stagionatura». Domina una sorta di «criterio dell'impertinenza», divisibile, precisa la prof. Rigotti tra gli appartenenti al «cibo liscio» (quello del potere) e al «cibo striato» (quello del non potere). Lei preferisce una sintesi tra liscio e striato e propone il termine «alimentare», poiché trattiene il vantaggio di cogliere il meglio dell'uno e dell'altro e di non chiudersi in una prigione cultural-metaforica con destinazione finale ad una clausura reale e semantica, cioè di scelta del cibo e di suono sempre identico. Senza contare, in questa divisione d'immagine, chi si stacca a sua volta e non mangia per prescrizione o chi non si alimenta per sospetto.

Allegorie. Questa la premessa della teoria allegorica della prof. Rigotti. Per quanto si riferisce, piuttosto, al tema in sé, «La vendetta del cibo», il filosofo indica segnali scoraggianti: l'invasione di cuochi e dietisti, l'estinzione, per esempio in Germania, dello spazio cucina nelle case, la decadenza del cibo offerto come desiderio anziché come bisogno, con l'introduzione sempre più frequente di un cibo cattivo, non genuino, artefatto. Pare, addirittura, l'inizio della «vendetta del cibo» contro la violenza della persona nei suoi confronti. La prof. Rigotti offre una specie di colpo di teatro e legge l'allegoria della violenza verbale custodita in molti ricettari: rompete le uova, sbattetele, tagliatele a fettine, tagliate il cuore dei carciofi, tagliate le teste alle anguille, gettate nell'acqua bollente il semolino, spappolate il cavolfiore. Il cibo, a sua volta, si ribella con l'inclusione di sostanze adulterate, chiede di essere ingurgitato e di far male. Il cibo si vendica.

La misura. Sarà meglio - conclude la prof. Rigotti - ricercare la misura tra omogeneo e diverso, liscio e striato, potere e non potere, osservare l'altro invece che il proprio ventre, ristabilire l'armonia del peso giovane, asciugandosi da obesità e non ribaltandosi nel suo opposto. Tornare al centro dell'eguaglianza umana e porre il cibo al servizio dell'umanità. Il Festival Filosofi lungo l'Oglio prosegue stasera alle 21.15 all'Auditorium San Fedele, piazza Zamara a Palazzolo sull'Oglio con Marc Augé.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Tonino Zana
  • giornale: Giornale di Brescia

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