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Giovedì, 11 Giugno 2015 08:19

Insieme per un'economia civile

E' possibile costruire un'economia diversa, che metta in movimento circoli virtuosi, attenta alle questioni sociali (povertà, lavoro, distribuzione della ricchezza), ai valori umani e all'ambiente, non solo quindi attratta dalle soddisfazioni individuali e dal culto del particulare? Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all'Università di Roma Tor Vergata, editorialista di Avvenire, studioso di finanza etica, di responsabilità sociale di impresa, è voce autorevole che in questi anni non ha mai smesso di fare sentire il suo pensiero laterale.

Domani sera (ore 21.15) sarà ospite all'auditorium Confartigianato (via Orzinuovi 28 a Brescia) per il Festival filosofi lungo l'Oglio. «Crisi, sostenibilità e e felicità: risposte dell'economia civile» il titolo del suo intervento.

Professore, ci spieghi in cosa si differenzia l'economia cosiddetta civile.
«L'economia riduzionista è un modello a due mani, quella civile a quattro mani. Nell'economia riduzionista si presume che la somma di comportamenti miopemente autointeressati di individui (massimizzatori del proprio tornaconto personale) e imprese (massimizzatrici di profitto) possa essere magicamente trasformata in bene comune dall'azione eroica della mano invisibile del mercato e della mano visibile di istituzioni benevolenti, perfettamente informate e così forti da non correre il rischio di essere "catturate" dai regolati. Ma le due mani non possono farcela da sole e questo modello distrugge coesione sociale, producendo molti scartati. Il modello a quattro mani dell'economia civile postula che il tutto si rimette in equilibrio se la mano dei cittadini responsabili, che votano col portafoglio e fanno cittadinanza attiva, e la mano delle imprese multi-stakeholder (profit socialmente responsabile, low profit, cooperazione, imprese etiche e solidali) lavorano assieme a mercato e istituzioni».

La felicità pubblica è il fine dell'economia, diceva Antonio Genovesi, già nel '700. Qual è allora il ruolo della politica?
«La politica deve costruire le condizioni per il bene comune, ovvero quella situazione nella quale è più facile per ciascun cittadino realizzare la fioritura della propria vita. La politica può moltissimo, ma più che dirigere l'economia Il futuro dell'euro La crisi greca costringerà l'Unione europea a fare un passo avanti verso la condivisione dei debiti deve creare incentivi che consentano alle energie dal basso dei cittadini di sprigionarsi nel modo migliore possibile (per esempio, le rinnovabili o gli incentivi per la ristrutturazione energetica degli appartamenti), premiando chi vota col portafoglio e caricando sulla fiscalità generale (quindi su chi non vota col portafoglio) l'onere dell'operazione, si con-trasta l'opportunismo di chi vorrebbe scaricare sugli altri il costo della soluzione dei problemi dell'insostenibilità sociale e ambientale».

Cosa intende per votare con il portafoglio?
«Vuol dire premiare con le proprie scelte di consumo le aziende che sono all'avanguardia nel creare valore economico in modo socialmente ed ambientalmente sostenibile. È la leva di Archimede che ci consente di cambiare il mondo. È la chiave del lucchetto delle nostre catene che non sappiamo di avere in tasca. Certo, è un problema culturale. In futuro con il miglioramento dell'informazione disponibile sulla qualità socio-ambientale delle imprese sarà sempre più normale e facile votare col portafoglio».

Euro o non euro: qual è la sua opinione?
«Fare l'euro senza fare l'unione politica dell'Europa è stato come lanciarsi in mezzo al guado per poi fermarsi lì. Non si può restare fermi e bisogna arrivare alla vera e propria condivisione delle risorse finanziarie come negli Stati federali. Con un manifesto firmato da 36o colleghi abbiamo lanciato alla fine dello scorso anno una proposta per una nuova Ue. La crisi greca, per evitare derive devastanti, ci costringerà probabilmente a fare un passo avanti nella direzione della condivisione dei debiti».

Il cibo e la fame nel mondo, il tema di Expo: come correggere gli squilibri e gli sprechi?
«L'approccio dell'Expo presentato nel bel Padiglione Zero all'ingresso sembra essere esclusivamente logistico-ingegneristico: trasferiamo il cibo avanzato con obiettivo spreco zero dai ricchi ai poveri. Ma questo approccio è umiliante e non risolve il problema. Papa Francesco ha efficacemente detto che la soluzione non è dare da mangiare al povero ma far sì che il povero sia in grado di portare da mangiare alla propria famiglia. Le vie del microcredito, del commercio equo solidale offrono occasioni a chi è escluso dal mercato di potersi rimettere in piedi e dare il suo contributo. La felicità sta nel dare e non nel ricevere e questo vale anche per i poveri e gli esclusi».

Informazioni aggiuntive

  • autore: Nino Dolfo
  • giornale: Corriere della Sera

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