Skip to main content
Giovedì, 20 Febbraio 2014 17:55

Shoah, ricordare volti e luoghi di morti e ritornati

Rav Elia Richetti e Francesca Nodari Rav Elia Richetti e Francesca Nodari

All’Auditorium San Fedele di Palazzolo, fondamento della cristiana pievana a tre strati, con un sotterraneo catacombale da cui sembra risalire la voce di grotta in erre moscia di Rav Elia Richetti, già, presidente dell’assemblea rabbinica italiana, immagini il popolo d’Israele uscire dall’Egitto, proprio lì dove si accumulano i personaggi degli affreschi dei Campi, a frotte, finalmente gioiosi, e comprendi il grande inizio del fare memoria ebraico e quindi cristiano.

Quella somma di precetti, spiega stupendamente il rabbino vicino a una regolarmente brillante Francesca Nodari, indispensabili per scolpire gesti e fatti, cibi e ordini morali, aria del tempo e religiosità da protrarre, a scansioni storiche, nel futuro che verrà. Siamo, l’altra sera, all’ultima conversazione del ciclo Fare Memoria preparato dai Filosofi Lungo l’Oglio, sotto la lente appannata delle nostre coscienze confuse e ondivaghe, seguiamo, intimamente, la responsabilità di prenderci per mano la Shoah e accompagnarci a rinsaldare il patto e non accada quello che potrebbe ancora accadere.

Cementiamo l’idea di fraternità espressa dall’assessore Cossandi e da Francesca Nodari, direttrice di questi eventi vissuti da tanti con l’idea di un’appartenenza culturale e morale. Il compito di questa terza edizione è di percorrere i Luoghi e di imprimersi i Volti della Shoah, di stringerci addosso quei corpi e quegli spiriti,come ricorda subito Cossandi, «fatti di occhi attoniti e di mani tese». Il rabbino Richetti impersona uno di quei caratteri capaci di avvertire la «lieve gravità» della narrazione. Conosce il precetto, appunto, amemoria, e insegna in che modo l’ebraismo la valorizzi, nella sostanza e nel metodo.

Possiede, il carisma di chi si fa ascoltare. Parla, tutto insieme, con pizzo bianco, kippah e intercetta il silenzio dei «nodariani», i millenni della Pieve, gli spiriti delle bontà cristiane e ebraiche che cercano nel dialogo un ritrovarsi che perfinofa giàun poco dimemoria. Il rabbino traccia la sacralità del testo: la sostanza è ciò che è accaduto, il metodo per non dimenticare è di obbligarsi a esercizi di rito e di fede. Si possiede la memoria sulla base del credere e sulle fondamenta dei passaggi vittoriosi diunpopolo. Si celebra l’uscita dall’Egitto, il Sabato. La preghiera si alza con la vista su Gerusalemme e Gerusalemme è ovunque si parli a memoria del popolo guidato da Dio.

La memoria è prescrizione, ordine, vale per tutti, nessuna differenza tra ricco e povero, schiavo e libero, uomo e donna, anziano e giovane. La memoria coltivata e conquistata diviene forza e fede, unisce cielo e terra e ci rende insuperabili. La Shoah ci apparterrà in una severità perenne e priva di qualsiasi improba isteria se, in un dialogo di fratelli, ci ordineremo alla memoria del male compiuto e delle resistenze umane vittoriose. Il rabbino Richetti traccia la via maggiore e più fruttuosa per fabbricare monumenti di memoria. Ricorda i nomi di carni amate e invincibili, di carni spiritualizzate; riguardano le piccole storie su cui il carnefice nazista ha spinto la punta del male, le piccole storie morte e salvate. Le grandi storie sono simili e si ricordano da sè, le piccole storie, invece, vanno riprese e non dimenticate. Alla fine riscuoteranno il monumento mobile di una memoria d’acciaio,popolare di infinite famiglie. Fare memoria per Elisa, la zia creatrice del miglior strudel di Gorizia, per il venditore di guanti di Rovigo, per chi è stato soppresso e per chi si è salvato.

Fare memoria di una nonna,tre volte condotta ai vagoni e tre volte respinta per posti occupati e il bombardamento degli Alleati. Ecco, laggiù, l’ebreo in fuga, quegli altri che si nascondono come profughi improbabili. Un ufficiale della SS, in possesso della spiata arriva alla casa dei familiari, ingaggia una parlata apparentemente assurda, avverte che tra 10 minuti arriverà,da sinistra,una camionetta, indicando la via di fuga a destra. Poichè, perfino a lui «certe porcate non piacciono proprio».

Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...