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Lunedì, 13 Giugno 2011 03:25

De Monticelli: «La felicità in una civiltà fatta di… guglie»

Roberta De monticelli non nomina mai il neosindaco di Milano Giuliano Pisapia. Sabato sera, però, ha aperto la sua conferenza su «Felicità e questione morale» – secondo appuntamento del festival «Filosofi lungo l'Oglio», al Centro culturale Aldo Moro di Orzinuovi – evocando la gioia «lucida e lieve» respirata sotto la Madonnina il giorno dell'«evento» milanese e augurandosi che esso «apra una cammino di speranze anche civili». La De Monticelli, che insegna filosofia della persona all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, nel suo intervento appassionato ha così mostrato come la filosofia possa calarsi con spirito combattente nelle questioni che toccano la nostra vita quotidiana. Lo ha fatto anche nel recente libro «La questione morale» (Raffaello Cortina Editore), del quale sabato ha fornito un compendio.

Dopo le presentazioni di Paola Cominotti, assessore alla Cultura di Orzinuovi, e del direttore scientifico del Festival, Francesca Nodari, la studiosa ha portato il pubblico – che riempiva ogni angolo della sala – in vetta al Duomo di Milano: un edificio che rappresenta, con il dialogo che instaura tra verticalità e orizzontalità, «il consolidamento visivo dell'idea di città come unità dei molti». Come le guglie del Duomo, «ciascuno di noi aspira alla sua via verso l'alto, alla felicità come realizzazione di sé. La nostra civiltà è fatta di guglie, ha al centro l'individuo. L'individualità però è diversa dal particolarismo: questo è un male italiano che consiste in una specie di scetticismo pratico quotidiano che non prende sul serio la nostra esperienza di valore, quella che tocca le questioni morali o politiche».La logica del particolarismo è: ognuno ha le sue idee, non c'è niente da ricercare. «Ma la vita è educazione, maturazione costante: l'idea che siamo fatti per cercare il vero vale in particolare per il dominio dei valori».

Al fondo di questo scetticismo pratico, che già Leopardi deplorava, è «la mancanza di quella forma di amor proprio che consente di riconoscere l'umanità in se stessi, e quindi i propri doveri verso se stessi e gli altri». Se ne trova un modello nel Rinascimento, nei consigli utilitaristici dei «Ricordi» del Guicciardini: «Pregate Dio di non vi trovare dove si perde»; «Nega pure sempre quello che tu non vuoi che si sappia, o afferma quello tu vuoi che si creda», e molti altri che fecero parlare al De Sanctis di «corruttela italiana innalzata a regola di vita». L'individuo maturo è invece colui che è capace «di dare a se stesso la legge in modo autonomo, comprendendo la disciplina necessaria per vivere in armonia con gli altri mentre si persegue la propria felicità». La crescita personale necessita «di un senso di responsabilità delle proprie azioni: l'individuo autonomo è disposto a rispondere di quello che fa e dice a chiunque abbia titolo per chiedere».

Come si conciliano le visioni individuali del bene con l'etica comune? «Bisogna distinguere fra ethos e etica. Il primo è la scala di priorità e valori del singolo; l'etica è la disciplina del dovuto di ciascuno a tutti. Io chiedo di poter fiorire secondo il mio ethos, ma devo riconoscere a ogni altro individuo la stessa possibilità. E sono accettabili soltanto gli ethos compatibili con questa disciplina di base». Nel 1948 il «dovuto» comune è stato sancito in un documento: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Nicola Rocchi
  • giornale: Giornale di Brescia

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