Dopo vent'anni, la «folle scommessa» della fondatrice e direttrice scientifica Francesca Nodari continua a dimostrarsi fruttuosa, come testimoniano gli spettatori che hanno affollato la pieve di Sant'Andrea per l'incontro di apertura con Enzo Bianchi.
La parola chiave di quest'anno, «Esistere», consente di riflettere su un tema «decisivo per le nostre vite e i cammini di umanizzazione che cerchiamo di percorrere». Bianchi - fondatore delle comunità monastiche di Bose (dove è stato a lungo priore) e nel 2023 di Casa della Madia ad Albiano d'Ivrea - lo cala nella concretezza delle relazioni umane: «Esistere significa vivere nella realtà. Noi esistiamo perché veniamo al mondo, diventiamo umani nei rapporti con gli altri e siamo chiamati a una comunità di destino».
Alano di Lilla, teologo e monaco cistercense medievale, affermò che ogni uomo deve cercare di «essere come gli altri, vivere con gli altri e per gli altri». In questa triade c'è l'indicazione essenziale, ammonisce Bianchi: «Essere come gli altri non implica solo un principio di uguaglianza, che ancora oggi facciamo fatica ad instaurare, ma l'affermazione della pari dignità di tutti». La nostra vocazione primaria è poi il vivere con gli altri, «nella comunità, senza la quale non si diventa uomini. Senza gli altri non avremmo imparato a parlare e ascoltare, creare legami, conoscere storie d'amore». Infine, operare per gli altri, perché «l'altro che mi sta di fronte è una chiamata alla miaresponsabilità. Chiede che io lo guardi e che risponda ai suoi bisogni».
Bianchi cita le parole di papa Leone XIV: «Pochi giorni fa ha detto una cosa straordinaria: prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani». La parabola di Gesù mostra proprio questo cammino, lo stesso suggerito da teologo di Lilla: «Cristo ha voluto essere come noi, totalmente uomo, ed è stato ucciso e crocifisso come capita a tanti uomini giusti. È stato con noi, non vivendo come un maestro spirituale isolato; e per noi, guarendo, consolando e portando vita dove non c'era. Ci ha annunciato che l'amore di Dio non va meritato, perché è Dio stesso ad offrirlo. E Dio chiede che lo stesso accada tra noi, sia in famiglia che verso il prossimo».
Nell'attualità, questa visione non sembra certo affermarsi: «È un momento di crisi e tramonto per tutto l'Occidente. Dalla crisi finanziaria siamo passati a quella economica e poi culturale, etica... Oggi abbiamo due guerre alle porte del Mediterraneo e dell'Europa: ci sono Paesi europei sedotti dalla guerra, perfino chi dice che forse una guerra risveglierebbe il mondo; e le voci della pace risultano impotenti».
Viviamo nella «società dell'angoscia» descritta dal filosofo coreano Byung-chul Han in un libro recente: «I legami vengono meno, crescono la cattiveria e il rancore. Andiamo verso una società sfilacciata, che toglie ai giovani la fiducia nel futuro. Non si sposano più, ma come potrebbero? L'orizzonte non dà speranza, trovare lavoro è difficile, e se non hanno fiducia interiore come fanno a creare legami? Sono soli, hanno difficoltà a praticare vie di amicizia; e anche noi uomini di Chiesa fatichiamo a dar loro risposte».
Proprio per questo, tuttavia, è importante continuare a indicare lavia dell'«essere come, con e per gli altri», manifestando «la volontà di fare un passo per uscire dall'individualismo regnante. Chi ha fede non può non farlo; mentre chi non ce l'ha deve sapere di intraprendere un cammino di umanizzazione che può spezzare l'isolamento e la solitudine. E rendere la vita più piena di senso e bellezza per sé stessi e per gli altri».