Ancora una volta la direzione scientifica è a cura della professoressa e filosofa levinasiana Francesca Nodari, presidente della Fondazione Filosofi lungo l'Oglio: proprio a lei, ideatrice del progetto, abbiamo chiesto di ripercorrere questi primi vent'anni trascorsi con il festival.
Professoressa Nodari, come sarà celebrata la XX edizione di «Filosofi lungo l'Oglio»?
Per venerdì 11 luglio è in programma una cerimonia per lo speciale traguardo raggiunto, che si terrà nella sede della Fondazione a Villachiara. Qui avverrà la proiezione del documentario «Quando la filosofia diventa contagiosa. Dal sogno alla realtà»: contiene immagini e video inediti che ripercorreranno la scommessa che la sottoscritta ha voluto fare con umiltà e grande passione. Tutti mi davano della visionaria, perché volevo portare i filosofi nella concretezza delle terre bresciane e pensavano che un progetto del genere non potesse attecchire. Ero e sono convinta che finché non si prova non è possibile conoscere la verità, così ho scelto di provare: nella vita spesso contano i fatti e questa volta mi hanno dato ragione.
Torniamo agli albori, come si è sviluppato il Festival?
In origine era una piccola rassegna, siamo partiti con 5 incontri, poi sono diventati 10 e adesso siamo addirittura a 31 per l'edizione 2025, suddivisi su 23 Comuni. Inoltre ci siamo dotati di un Comitato Scientifico di elevato spessore e nel 2015 abbiamo creato la Fondazione Filosofi lungo l'Oglio. Di certo è stata una bella opportunità per poter invitare a parlare alcuni fra i «giganti» del pensiero esistenti, che hanno lasciato la loro impronta per sempre. Non ci hanno dato soltanto messaggi e spunti di riflessione, ma anche una direzione da seguire, con suggerimenti utili anche per superare le immancabili difficoltà.
Perché è nato e quali sono le sue caratteristiche?
Di certo è nato per la richiesta che ho personalmente colto, proveniente dal basso, ovvero una fame di contenuti e conoscenza. Attenzione, non in termini di erudizione: il Festival porta la filosofia fuori dall'Accademia, porta i filosofi in mezzo alle persone, nelle comunità. E si distingue per due ragioni. In primis perché è itinerante, non ci sono sotanto 2-3 location, ma abbiamo superato i 20 Comuni. Poi è un Festival che ha sempre voluto unire il binomio luogo-pensiero, ha sempre desiderato offrire la possibilità di vedere quinte di un certo tipo. Non abbiamo mai scelto luoghi scontati, ma location che sanno di storia e arte, scoprendo che anche nei più piccoli borghi è possibile trovare straordinarie bellezze. La peculiare natura del Festival è dunque il suo spirito nomade e itinerante, che porta la riflessione filosofica in luoghi diversi rinnovando la sua vocazione a farsi maratona del pensiero in movimento.
Qual è il target del Festival? A chi si rivolge?
Noto dati in controtendenza al pensiero comune, che indicano una grande affluenza di giovani e persino di giovanissimi. Vedere i ragazzi, anche seduti per terra per la grande partecipazione, mi riempie di gioia e mi fa pensare che ci siano ottime speranze per il futuro. Dopo vent'anni possiamo parlare di un pubblico trasversale, non solo per estrazione sociale ma anche per scolarizzazione. Questa è la vera scommessa: ciò che conta è dare una risposta a chi chiede strumenti per leggere la realtà. Questo avviene con relatori che hanno la capacità di relazionarsi con il pubblico, facendo scaturire incontri vissuti, dove si alternano domande e risposte. Il pubblico è trasversale anche dal punto di vista geografico, proveniente persino da fuori la Lombardia e addirittura dall'estero. La nostra è una manifestazione che vuole essere inclusiva e in grado di favorire la partecipazione di un ampio pubblico, sicuramente non è soltanto per gli «addetti ai lavori».
E ora che succede? In che direzione sta andando il vostro futuro?
Per noi quattro lustri non sono un punto di arrivo ma di partenza. Andiamo verso nuove sfide e siamo qui per migliorarci, per arricchirci e per arricchire il nostro lavoro. Per esempio due anni fa abbiamo inaugurato la sede della Fondazione, nata da un ex-stallo per bovini ed equini. Oggi è un auditorium con uffici e in grado di ospitare spettacoli, workshop, lectio-magistralis e tanto altro. Ci candidiamo a polo culturale per il territorio che gravita intorno ad Orzinuovi ed è una sfida molto importante. Il fiore all'occhiello è e resterà il Festival, ma durante l'anno si tengono incontri, presentazioni di libri e più in generale si fa cultura in modo continuativo.
Torniamo infine al Festival: qual è il suo desiderio più grande?
Idealmente vorrei cercare di aiutare le persone ad eliminare quel luogo comune tale per cui la filosofia è un qualcosa di metafisico, campato per aria. Non è così, ha molto a che fare con la nostra vita, è evento, relazione, rapporto con gli altri. Quest'anno abbiamo scelto il tema «Esistere» e non e casuale: il sorpasso del virtuale sul reale non può non