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Domenica, 26 Giugno 2022 17:48

ETICA ED ESTETICA DEL RAVANELLO

Francesca Rigotti Francesca Rigotti

Il cibo. Da simbolo di integrazione sociale, ha assunto un significato culturale. L'individuo esprime la propria «singolarità» alla ricerca dell'alimento sano, genuino, autentico e soprattutto unico

La nostra epoca ha visto, negli ultimi vent'anni circa, compiersi un passaggio dall'individualismo al singolarismo, dalla posizione dell'individuo a quella dell'individuo singolo, o del singolo toutcourt. Siamo, dice un mio libro, nell'era del singolo. Ora, si può individuare nella prima modernità il passaggio dall'organicismo (la società è come un corpo, un tutto organico che è al di sopra delle parti: preminenza del noi) all'individualismo (l'idea che l'individuo abbia valore per se stesso e solo dopo venga lo stato: prevalenza dell'io). La concezione individualistica ha supportato la nascita dei diritti dell'uomo, ed è stata un cambiamento di tale portata da essere stato definito da Norberto Bobbio una «rivoluzione copernicana». In tempi a noi vicini assistiamo a un ulteriore passaggio dall'individualismo al singolarismo: una esaltazione non soltanto delle somiglianze che hanno portato alla rivendicazione dell'eguaglianza, ma anche e soprattutto delle specificità individuali: una sorta di messa in scena del singolo in quanto singolo, coi suoi bisogni personali, unici, singolari.

Il singolarismo è insomma il fenomeno per il quale sempre più persone non si aspettano più il generale ma sempre lo speciale; non si volgono a ciò che è standardizzato e regolato ma a ciò che è particolare; non sono interessate alla produzione di massa ma a ciò che è specifico e individuale. Per i nostri figli, per esempio cerchiamo scuole che ne valorizzino il profilo individuale; vogliamo un percorso personalizzato che valorizzi l'unicità e la singolarità di ognuno. Lo stesso vale per l'economia e la sanità, dirette entrambe sempre di più a offrire non uno standard anche eccellente di servizi, ma cose, eventi, servizi appunto personali, singolari. Questo sta dunque a cuore alle persone, questa è la società dei singoli, questa l'era del singolo. Che cosa significa questo atteggiamento o modo di vita in relazione all'alimentazione?

È notevole quale enorme significato ricada, dagli anni '80 dello scorso secolo circa, sul cibo, divenuto oggetto di attenzione e preoccupazione, di piacere e di sperimentazione, di conoscenza e competenza, di performance e di prestigio sociale, di autenticità. E proprio autenticità, uno dei valori guida della condotta di vita singolarista, trova forse la sua espressione più chiara proprio nella cultura del cibo. Sappiamo dagli studi etnologici e antropologici quale significato simbolico e di integrazione sociale avesse il cibo nelle società cosiddette primitive. Nella società industriale tuttavia l'alimentazione di massa aveva spogliato il cibo del suo significato culturale in quanto questo doveva saziare in maniera standard la forza lavoro. Fu la controcultura degli anni '7o e '8o a dare un impulso anche alla controcultura del cibo, quando contro la commercializzazione dell'alimentazione standardizzata si levò l'ideale del cibo autentico, sano, genuino, organico insieme al rispetto delle tradizioni locali e dell'arte di cucinare artigianalmente. La pietanza, forma culturale, diventa una forma di singolarizzazione quando le si attribuiscono valori (di essere sano, originale, curativo, genuino) o affetti (essere gustoso, straordinario, sorprendente).

Lo si constata anche nell'espandersi dell'interesse per la gastronomia e la cucina creativa, in casa e fuori, in cui spesso la tradizione locale è mischiata con l'esotico; ma anche dalla promozione del consumo etico, insieme al boom della cucina vegana e vegetariana e al risveglio del cibo nella narrativa e della narrativa del cibo.

Abbiamo così assistito alla diffusione di culture locali e regionali dovuta alla globalizzazione: italiana, cinese, greca, particolari e speciali con i loro specifici ingredienti e talvolta persino con i loro attrezzi peculiari (il vok, i bastoncini). Poi alla singolarizzazione del cibo che ha luogo tramite lo spiccato sperimentalismo della cucina postmoderna. Come l'arte moderna, la cucina deve sorprendere, essere nuova, combinare sapori e gusti. Alimenti e piatti semplici e standard, la pastasciutta al pomodoro diciamo, vengono estetizzati e singolarizzati come succede per il vino. La cucina e i cuochi diventano star di creatività. Abbiamo infine assistito al profilarsi, accanto a quella estetica, della dimensione etica. Il cibo deve essere etico: ecologico, locale, genuino. La singolarizzazione si applica anche alla natura, con l'appello alla conservazione della biodiversità minacciata dalla globalizzazione: non la pera ma le varietà di pere ognuna con la sua caratteristica peculiare, unica, singolare, diversa da tutte le altre pere.

Vorrei affrontare in conclusione anche un ultimo punto riguardante la singolarizzazione delle pratiche di cucinare e mangiare cui viene assegnato un valore estetico-etico nella misura in cui vengono trasformate in eventi particolari, unici, al di fuori della quotidianità. Nella classe media urbana l'andar fuori a pranzo o a cena non è più un evento straordinario che si fa la domenica mettendosi il vestito bello. In questo senso anche i ristoranti inseguono la loro singolarità non soltanto con le pietanze offerte ma anche con le atmosfere accuratamente coltivate nel senso di piccoli capolavori di arredamento. Contemporaneamente è avvenuta la nobilitazione della prassi della cucina familiare, tant'è che, fin dagli anni '9o, le cucine sono state catapultate dalla periferia della casa al centro della scena e dominano ormai lo spazio abitativo.

L'aspetto di cibo speciale, per me, perché io sono un essere speciale. Ora, certo che qualcuno è speciale per qualcun altro, che è il senso della canzone di Battiato: se ti amo, tu per me «sei un essere speciale e io avrò cura di te, ti proteggerò» ecc. Ma nella società singolarista il singolo è speciale toutcourt, in relazione alla società tutta, non alla singola persona. Ed ecco che lo scolaro non sarà più tenuto a mangiare alla mensa il cibo per tutti, magari la zuppa di lenticchie che fa tanto bene ma non gli piace, e sarà autorizzato a portarsi da casa il panino al prosciutto crudo.



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