Skip to main content
Domenica, 19 Giugno 2022 17:02

I RIMEDI CONTRO UNA TORMENTOSA SOLITUDINE

Bernhard Casper e Francesca Nodari Bernhard Casper e Francesca Nodari

Quale può essere la risposta alla questione sul senso incondizionato dell'umano in un mondo dove le relazioni sono se va bene di superficie, i non luoghi come le non cose si moltiplicano, il senso di rancore, di rabbia ma anche di spaesamento e di paura diventano il menù quotidiano, le minacce del nucleare tornano, gli orrori delle guerre ci lasciano attoniti e impotenti? Basterebbe, forse, chiuderci in noi stessi?

Questa paralisi del se stesso procurata da se stessi è stata descritta dal grande pensatore ebreo-tedesco, Franz Rosenzweig. Questo se stesso, che sussiste alla sua pura autoreferenzialità, è muto, e alla domanda di Dio: «Adamo, dove sei?», egli può rispondere solo con un silenzio testardo. Da questa prigionia può essere liberato soltanto da un Altro che si trova al di là di tutte le sue possibilità e che, chiamandolo, incondizionatamente rompa il muro della sua claustration.

Il pensiero dialogico appena riedito da Morcelliana a cura di Silvano Zucal è composto da uno dei più grandi filosofi della religione scomparso solo qualche giorno fa, Bernhard Casper, insignito del Dottorato honoris causa dell'Institut Catholique di Parigi per i meriti connessi all'impulso decisivo che ha portato non solo all'edizione delle opere di Franz Rosenzweig ma anche per gli stimoli connessi alla riscoperta del maestro austriaco Ferdinand Ebner, alle profonde riflessioni su Martin Buber e per l'aver stilato con magistrale profondità e raro acume una ricostruzione attenta, ermeneuticamente profonda e lucida del paradigma cui si rifà il pensiero dialogico.

Riconoscendo a Rosenzweig una posizione di preminenza teoretica, Casper individua nel loro radicale anti-idealismo ciò che accomuna i tre dialogici. Ciascuno mostra, secondo la propria specificità, il fatto che, se come esseri umani siamo esseri parlanti, allora proprio in quanto tali ci realizziamo come esseri relazionali. Resta, tuttavia, il fatto che, con Rosenzweig, accade davvero qualcosa di nuovo sotto il sole.

Andando al di là della comprensione del linguaggio a partire dal suo mero senso di contenuto (Gehaltssinn), egli ne fa emergere il suo senso di compimento (Vollzugsinn). A questo senso di compimento dell'accadimento originario del linguaggio era attento Goethe allorché nella sua poesia Hegire, che ricercava e apriva questa origine pura del linguaggio, scriveva: «Allorquando la parola era ancora importante/perché era una parola veramente parlata».

E non è certo un caso se, come ricorda Casper, «Rosenzweig allude a questa formulazione quando nella Stella della redenzione esige che ci lasciamo coinvolgere nel linguaggio secondo «la piena realtà del suo essere parlato». Ma cosa si mostra in tal modo? Il fatto che nell'accadimento originario del linguaggio si manifesta un duplice bisogno: «bisogno dell'altro o, ciò che è lo stesso, presa sul serio del tempo ove si badi bene -: non ci troviamo semplicemente davanti al fatto che ciò che accade accada nel tempo», ma che è il tempo stesso ad accadere». Ora in questo evenire, in cui sonochiamato-per-nome e in cui pervengo ad una «seconda nascita» non si rivela, forse, la mia stessa umanità di uomo? E con essa la mia responsorialità, il fatto di essere già da sempre chiamato a rispondere, in una responsabilità che s'accresce, dell'Altro?

Forse che il livellamento della differenza che ci fa da animali uomini, si chiede il filosofo tedesco, dipende dal «non volerci rassegnare al fatto che nel nostro esserci siamo profondamente bisognosi e, siamo, in quanto finiti, anche mortali e rimessi al tempo finito che ci si dona nell'incontro con l'altro?»

Lo scacco dell'umano non scaturisce, forse, dall'imperversare di un conatus essendi esasperato teso a misconoscere la nostra precaria condizione di «io sono» di carne e di sangue perché «vogliamo soltanto affermarci e non vogliamo sentirci in debito e ringraziare nel fondo del nostro esserci?». Di qui il profondo valore che scaturisce dal volume che indica nella lezione dialogica «un correttivo radicale» per combattere il male che non solo minaccia l'uomo dall'esterno, ma cresce senza posa dentro lui stesso. «Il significato del pensiero di Rosenzweig, Ebner e Buber scrive Casper sta nel fatto che attraverso di esso viene resa accessibile la fattualità dell'esistenza radicata nell'accadere del linguaggio e della solidarietà (Mitmenschlichkeit) come esistenza che spera e che attraverso il messaggio biblico è rivolta alla sfida».

Al malvagio consiglio nietzschiano della «fuga dal prossimo», i dialogici contrappongono la fuga da sé e l'evasione da una tormentosa solitudine che, in ultima analisi, direbbe Levinas è: «assenza di tempo».

Il pensiero dialogico Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber
Bernhard Casper
Morcelliana



Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...