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Domenica, 11 Luglio 2021 14:49

Il potere delle RADICI

Maurizio Bettini Maurizio Bettini

Maurizio Bettini, filologo e classicista, martedì sarà ospite del Festival Filosofi lungo l'Oglio per parlare di «Eros e Thanatos. Nascita di immagini»

Se non dimenticassimo che il dovere di essere umani vale per tutti, forse saremmo più pronti ad insorgere peri diritti negati degli altri. E questo un argomento sensibile per Maurizio Bettini, filologo e classicista, fondatore e direttore del centro Antropologia e mondo antico dell'Università di Siena, uomo che studia il passato e non smette di guardare al presente: martedì 13 luglio (Museo Il Forno di Tavernole sul Mella, ore 21) sarà ospite del Festival Filosofi lungo l'Oglio per parlare di «Eros e Thanatos. Nascita di immagini».

La prima parte del titolo della lezione coincide con il tema chiave della kermesse diretta da Francesca Nodari. Della seconda chiediamo ragguaglio, anzi un trailer. «La riflessione parte dal mito di Alcesti - ci racconta il prof. Bettini -. Quando costei muore, il marito Admeto giura che non avrebbe amato più nessun'altra donna e mette nel proprio letto una statua fatta da abili artigiani, così sta scritto nel testo di Euripide.

L'immagine supplisce al desiderio di riempiere un vuoto e altri miti riprendono questa traccia. Mi sembra una declinazione originale senza dover passare sempre da Freud e dalla poesia di Leopardi: in questo caso il conflitto tra gli opposti, Eros e Thanatos, genera un'immagine». Le immagini, si sa, sono potenti, perché veicolano ideali, memorie, tradizioni. E le tradizioni nella metaforologia diffusa evocano radici. Viviamo nel villaggio globale e paradossalmente mai come in questo periodo di rigurgiti populisti e sovranisti si parla di radici(classiche, giudaico-cristiane, islamiche...) e appartenenze in senso escludente e anche xenofobo.

Maurizio Bettini, che alcuni anni fa ha scritto «Contro le radici» (Il Mulino), ha idee chiare al proposito: «È un fenomeno disgraziatamente di attualità. Il nostro è un mondo che tende a segmentarsi e ognuno di questi segmenti rivendica una sua identità particolare contro le identità altrui. Una divisione a livello nazionale, regionale, nativi contro migranti, uomini contro donne. Ci troviamo di fronte alla rinuncia della categoria generale, che è quella di essere umano e basta. C'è una tendenza a chiudere l'umanità in caselle. Le radici sono spesso solo invenzioni mitologiche create per scopi politici o ideologici».

Studiare i classici non vuol dire cercare e trovare presunte radici quanto ampliare i nostri orizzonti, mettendo a confronto il mondo di ieri e quello di oggi. «A che servono i Greci e i Romani?» (Einaudi) è un altro libro-boa di Maurizio Bettini. «Il loro insegnamento deriva soprattutto dalla riflessione filosofica antica, che era molto avanzata, non avendo sviluppato la scienza e la tecnologia. Per esempio, è importante vedere come loro e noi ci poniamo di fronte ai problemi. Premesso che non tutto è accettabile del mondo antico, anzi alcune cose non costituiscono un paradigma di perfezione (la schiavitù, la discriminazione nei confronti delle donne...), va osservato che il loro politeismo non ha mai provocato guerre di religione, come invece hanno fatto i monoteismi successivi che sono stati violenti e coercitivi in nome di Dio».Nella nostra tradizione scolastica, poi diventata vulgata, hanno sempre avuto fortuna figure come Achille, Ulisse... mentre è sempre rimasto in seconda fila se non in ombra Enea, che pure, da un punto di vista storico e nazionale, dovrebbe appartenerci di più.

Come si spiega? «Forse è stato trascurato perché veniva identificato con l'ideologia imperiale romana: nell'Eneide di Virgilio è infatti un eroe augusteo. Nel dopoguerra lo aveva riscoperto il poeta Giorgio Caproni che in quel monumento a Genova, in piazza Bandiera, vedeva l'uomo che riusciva a tenere insieme la memoria (il padre Anchise sulle spalle) e la speranza del futuro (il figlio Ascanio per mano). Recentemente. nel momento in cui la poesia dell'Eneide è diventata cronaca con gli sbarchi, è ritornato alla ribalta, perché rappresenta il fuggiasco, il profugo che chiede ospitalità».

Sicuramente non gli ha fatto buona stampa Metastasio con la sua Didone abbandonata. Ancor oggi le donne alzano il sopracciglio, quando sentono il suo nome e lo ritengono il prototipo del traditore. «Beh, anche Benedetto Croce lo biasimò per questo. Diciamo la verità: come amante, è stato un disastro. Nemmeno una scusa o una richiesta di perdono». Nessuno è perfetto, commentava l'ineffabile Osgood in quel film capolavoro di Billy Wilder.



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