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Venerdì, 12 Luglio 2019 19:22

Per i diritti della famiglia umana - un intervento dell'arcivescovo Paglia

Vincenzo Paglia Vincenzo Paglia

Calo della natalità e labilità dei legami tra le persone: sono queste, secondo l’arcivescovo Vincenzo Paglia, due tra le maggiori sfide da affrontare nella società contemporanea in difesa della famiglia umana. È uno sguardo ampio, mutuato dalla visione a trecentosessanta gradi dell’enciclica Laudato si’, quello che il presidente della Pontificia accademia per la vita ha portato, giovedì 11 luglio nel convento di Santa Maria degli Angeli a Gardone Val Trompia, nel bresciano, intervenendo al festival Filosofi lungo l’Oglio.

Il presule ha inquadrato nell’orizzonte dei diritti dell’umanità, delle relazioni tra le persone, del superamento della cultura dello scarto, il tema della manifestazione, quest’anno intitolata «Generare». Al centro della sua relazione è stata l’umanità: un’umanità che «ha diritto a essere amata, custodita, difesa, arricchita, accompagnata. Dobbiamo preoccuparcene — ha avvertito — come ci preoccupiamo del creato che abbiamo scoperto come la “casa comune” che questa famiglia è chiamata ad abitare».

Un surplus di attenzione che, ha sottolineato monsignor Paglia, è richiesto non solo ai credenti, ma a ogni uomo: «Riguarda tutti, ognuno di noi». La progressiva diminuzione della natalità, ha infatti detto il relatore entrando nel merito delle criticità evidenziate, «mette in questione la sopravvivenza stessa della nostra società», e la «facilità con cui si formano e si sciolgono i legami tra le persone» intacca in profondità la vita della famiglia umana: «Oggi l’amore si forma e si scioglie con la stessa facilità, aderisce a qualsiasi oggetto godibile e se ne ritrae non appena un altro attira il suo desiderio; ha rapporto solo col proprio incanto e col proprio godimento, senza riferimento alcuno alla generazione e alla comunità».

Di fronte a questa realtà, ha aggiunto l’arcivescovo presidente, può sembrare “inattuale” parlare di «amore per il prossimo», e invece, ha affermato, è «giunto il momento di avere ben più attenzione ai “diritti dell’umanità”, ai diritti della “famiglia umana”, quella che raccoglie gli esseri umani oggi sulla terra e quelli che verranno nelle generazioni future».

«Essere è generare», ha intitolato il suo intervento monsignor Paglia. Perché, ha chiarito, «riscoprire l’amore come generazione è decisivo per questo nostro tempo. La generatività è fondativa. E può, anzi deve, essere intesa in senso ampio: da quello della madre che genera i figli, a tutte le altre dimensioni generative, da quelle artistiche a quelle affettive che portano sviluppo in tutti i campi della vita».

Il presule si è soffermato in particolare sulla crisi, sul distorcimento delle dinamiche affettive segnalato come elemento deflagrante in senso negativo nel tessuto della società. E al sostanziale e diffuso fraintendimento della parola “amore” ha contrapposto la visione cristiana che può venire in aiuto alla società di oggi: per la fede, infatti, il paradigma dell’amore cristiano «è quello di Gesù. Un amore così straordinario, così oltre l’amore umano, che gli autori del Nuovo testamento quando dovettero parlarne furono costretti a trovare un termine nuovo, agàpe, appunto, che introduce una nuova e impensata concezione. Un amore che non si nutre della mancanza dell’altro (eros) e che nemmeno semplicemente si rallegra della presenza dell’altro (philìa), ma un amore, appena concepibile dagli uomini, che trova il suo modello culminante appunto nel compimento della nascita dell’altro e nel riscatto della morte dell’altro».

L’amore del prossimo, ha spiegato monsignor Paglia, «è dotato di un’assolutezza che nessun’altra figura dell’amore possiede». E ha concluso: «Ci è stato rivelato che, nonostante la nostra fragilità, l’amore si realizza quando non siamo ripiegato su noi stessi, in quel triste circolo narcisista e al fine nichilista, ma sappiamo generare una prossimità concreta con chi ha bisogno, con chi chiede aiuto, con chi ha bisogno di essere accolto e amato».



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