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Sabato, 15 Luglio 2017 21:20

L'INSOSTITUIBILITÀ DEL TOCCO FRA REALTÀ E FETICCIO

Questo spettacolare scienziato, dotato di un sano e insuperabile istrionismo internazionale, è bresciano. Psichiatra di fama, ricercatore con particolare amicizia con le disabilità infantili, autismo di più, ora, cattura l’attenzione del popolo del Festival dei Filosofi lungo l'Oglio con un scientifico: a me gli occhi.

Chiede al vicino di toccare il palmo del vicino, poi di donarsi una carezza reciprocamente, «insidia» la presidente Francesca Nodari con approcci di un’intelligenza parasentimentale e prende a testimone della propria buona fede, la moglie, lì davanti, e il figlio, in fondo al salone della municipalità di Rovato per dire, faccio apposta, faremo i conti dopo. Notevole la performance del prof. Luigi Croce sul tema «Toccare tra realtà e feticci: il corpo ingombrante». Il prof. Croce racconta «di aver toccato un mucchio di gente», di continuare l’esperienza fondamentale della persona, «perché la storia di noi è la storia che abbiamo toccato». Spiega che il valore emotivo del toccare è estremamente variabile e sta alla base della relazione umana dall’inizio della vita. Riprende lo sguardo della moglie, anche per uno sconto di pena anticipato, e illumina la stanza delle assenze necessarie del maschio-marito: «Lei c’era, al buio, rassicurava con la mano i bambini e loro entravano nei sogni». La questione pericolosa del toccare si riferisce alla virtualità del tocco, all’artificio tecnologico, alla superstizione dannosa di credere al tocco attraverso internet, pur con tutto il bene che internet è in grado di produrre. Ma non possiamo sostituire la fisicità, la corporeità del toccare con l’apparente toccare tecnologico. Allora si crea il feticcio del toccare, una sua presunzione, una sostanziale falsità. Se non riconosciamo la capacità del corpo di svilupparsi, prima il corpo e quindi la mente, la psiche, poiché così è in natura, allora mettiamo a rischio, più avanti, l’equilibrio psicosomatico della persona. Il prof. Croce non carica il toccare di base sentimentale, lo disvela naturalmente: chi insegna a toccare, sostiene, prima sono i genitori, poi gli insegnanti e quindi la pubblicità. Vero, se aggiungessimo il condizionale. Chi dovrebbe insegnare il senso del toccare sono i genitori, la scuola, ma non accade - salvo lodevoli e certificate eccezioni -, pregiudizio, pudori falsi, fraintendimenti morali-spirituali lasciano in parentesi questi insegnamenti. E in cattedra sale il branco, il fai da te, il gracchiare pubblicitario. Illustra con esempi l’infiacchimento del toccare di una coppia, la buona predisposizione della donna, la pigrizia del maschio, la consegna di lui a un sanissimo streap tease domestico di lei, in cui il marito finisce per «adorare» la calza della penultima moda quasi a caricarne la marca, appena tocca lentamente il pavimento, si presume, della loro stanza. Ecco, il feticcio invece delle carezze che verranno di sua moglie. Domani, domenica, il Festival sale tutta la Valtrompia e si siede nel posto migliore, straordinario, in cui deve sedersi chi tratta il tocco del fuoco, «Il toccare: filo di lana dell’amore e della filosofia». Relatrice la prof. Francesca Rigotti. Introduce il nostro direttore, Nunzia Vallini. Salite a Tavernole, entrate nel Museo Il Forno. Se ci fosse un posto letto, tornereste il giorno dopo. Scommettiamo.

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