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Lunedì, 08 Giugno 2015 09:16

«Il cibo donato dalla terra madre venga condiviso alla stessa tavola»

«Il cibo donato dalla terra madre venga condiviso alla stessa tavola» Foto di Felice Bianchetti

ORZINUOVI. Poco prima delle 21 di ieri, la piazza di Orzinuovi rischia di essere colma a metà, detto di una piazza lunga più di 200 metri, vuol dire contare dal mezzo migliaio di persone in su.

Padre Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose quasi si scusa per essere stato costretto a dilazionare l'incontro per alcuni anni. La presidente e direttrice scientifica della Fondazione Festival filosofi lungo l'Oglio Francesca Nodari, affiancata dal sindaco di Orzinuovi Andrea Ratti, si dichiara emozionata per la ricchezza sapienziale del testimone e la fedeltà degli amici. La tavola. Enzo Bianchi dibatte su «Cibo e sapienza del vivere», questione dirimente e molto urgente, sostiene la filosofia evangelica e mistica di questo patriarca del nostro tempo. Reclama l'abbandono della tavola, della tavola-famiglia, docente, conversante, ospitante. «Mio padre - ricorda - ateo comunista mangiapreti, non avrebbe mai permesso a noi di lasciare qualcuno sulla porta di casa, esigendo un posto in più. Data una tavola si attende un forestiero». La tradizione. Padre Bianchi riempie di tono le parole, crede profondamente alla parola, primo cibo e dunque da "masticare" e consumare con lentezza, con conoscenza e condivisione. Si dichiara controcorrente con la piega presa dall'Expo riguardo al cibo: «Mi amareggia questo mondo di bulimia, in cui i cuochi imperversano sulle televisioni e producono ricette in quantità neppure osservate a casa. Mia madre deponeva sulla tavola, pane, vino, olio e una tovaglia su cui si insegnava a vivere e a mangiare il cibo in modo giusto. Ci trasmettevamo consolazione e conoscenza». Oggi il cibo è consumato in maniera spietatamente disumana e irrazionale. «Il 43% del pane sfornato a Milano - informa padre Enzo Bianchi - finisce nella spazzatura. Di 7 miliardi di fratelli viventi, un miliardo è denutrito, patisce l'estrema povertà; e di questo miliardo, 800 milioni muoiono di fame mentre noi mettiamo nel nostro frigorifero del cibo destinato a finire nella spazzatura al 40%». Il cielo canta lampi di un temporale che forse non verrà e le centinaia di persone del festival di ogni età, espongono il silenzio della coscienza il cui primo comandamento è la condivisione di quanto ragiona padre Enzo Bianchi. La natura parrebbe triangolare linguaggi diversi, lampi, silenzi, come modo di acconsentire, promessa di cambiare. I testi sacri. Eppure, riflette questo asceta moderno, postato saldamente sulla pietra della tradizione, sulla patristica dei padri e delle madri docenti dell'umiltà necessaria del cibo, dal ventre al seno, alla tavola, i testi sacri, la Bibbia ci inse-gnarono subito la sacralità del cibo, della tavola che adesso è diventata barbarie, disfatta già nell'esibizione di un materiale di fòrmica astrusa rispetto alla durezza e alla saldezza della noce. Padre Enzo Bianchi declina il modo per ritornare alla casa del cibo sacro, della tavola-piccolo cenacolo, del valore di un tempio: «Primo consideriamo che il cibo è creatura». Come potremmo, a questo punto, correre il rischio di consumare "nostro figlio", tornando a una sorta di cannibalismo primordiale da cui ci liberammo a fatica?

Informazioni aggiuntive

  • autore: Tonino Zana
  • giornale: Giornale di Brescia

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