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Venerdì, 30 Gennaio 2015 11:16

L'antisemitismo è odio razzista che colpisce tutti

La quarta edizione del festival «Fare Memoria» s'è aperta (anche) tra i ragazzi e (anche) per i ragazzi.

I «Filosofi lungo l'Oglio» e Francesca Nodari, direttore scientifico della rassegna, l'hanno portata nelle aule dell'Istituto Superiore Lorenzo Gigli di Rovato: David e Miriam Meghnagi hanno parlato di fronte al pubblico di adulti, ragazzi e autorità inquadrando il loro discorso nel virgolettato del titolo della giornata (e di quest'edizione, che continuerà con Cyril Aslanov, mons. Luigi Nason, rav Giuseppe Laras e mons. Gianantonio Borgonovo), «Tra vecchio e nuovo antisemitismo». Con un «tra» che non vuol passare inosservato, anzi: vuol essere il nocciolo del discorso. «Lo vogliamo sottolineare, il "tra" - ha rivelato David Meglmagi, classe 1949, nato a Tripoli da famiglia ebraica e ideatore del master in Didattica della Shoah presso l'università di Roma Tre -. Quel "tra" sta in mezzo a tutti gli odi che si sono susseguiti nella storia, mai uguali. E che esistono anche oggi: tutto si racchiude nel "ma" della sentita e risentita frase "non sono razzista, ma..."».

Ma, se il razzismo dopo Auschwitz è diventato tabù (quasi come se non nominandolo o rifiutandolo non esistesse) non significa che non ci sia. Sta solo dietro le quinte, assicura Meghnagi. Il quale, introdotto dal soave eppure straziante canto di tradizione ebraica portato sul palco dalla sorella Miriam, interprete tra le più conosciute del patrimonio musicale ebraico e mediterraneo, ha analizzato le forme di antisemitismo e razzismo più diffuse, così da portare un po' più di consapevolezza nelle menti (e cuori) dei partecipanti. «Il fatto di essere in una scuola mi è molto caro - ha assicurato David Meghnagi -. Bisogna tenere uniti i fili tra le generazioni, soprattutto oggi, epoca di mutamenti sociali e demografici».

L'unione, nelle sue parole, è divenuta decisiva per la lotta all'antisemitismo, che, allargando le braccia, diviene la xenofobia in tutte le sue declinazioni: «i laici, gli ebrei, i cristiani, gli arabi, i musulmani, gli induisti: tutti dobbiamo riscoprire la pietas, vivere per il rispetto e rifiutare odio, violenza, oppressione». Ogni odio diventa quindi catastrofe: i nostri destini sono legati tra loro, e il perico-lo per gli ebrei diviene il pericolo per tutt'il nazismo insegna, lo sa Meghnagi e lo sap-piamo noi. «La lotta all'antisemitismo va riaffermata: solo così s'abbatte il muro della violenza».

Anche didatticamente, ci tiene a dirlo (e a dimostrarlo con tutti i suoi corsi): «Anni fa mi chiedevano perché insegnavo solo la Shoah e non il dialogo tra culture in genere: perché riguarda tutti, semplice!». Tanto che ora lavora con ragazzi di ogni religione, cultura e nazionalità: il suo approccio funziona. «E chi pensa che qualcuno proveniente da altre culture o particolari zone geopolitiche non possa essere coinvolto è razzista senza saperlo: l'antisemitismo non riguarda solo la vecchia generazione del vecchio continente». La consapevolezza di ciò che è accaduto e di ciò che ci circonda dev'essere il principio, il fondamento. Il resto è uria sfida, che David Meghnagi ha lanciato sulla platea: vorrebbero i docenti continuare il lavoro iniziato con le sue parole, con gruppi di studio e lavoro? «Solo così avremo fatto il primo passo insieme, rendendo la cultura una cultura vissuta per davvero».

Informazioni aggiuntive

  • autore: Sara Polotti
  • giornale: Giornale di Brescia

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