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Sabato, 01 Marzo 2014 01:45

La «salvezza» dell’allievo passa per il carisma del maestro

Un libro che indaga la portata della relazione tra l’io e l’altro, concentrando l’attenzione sui problemi che ne scaturiscono per l’esistenza e sul «non-detto» trapelante dal nucleo che si ricrea tra il Maestro e l’allievo.

«Il bisogno dell’altro e la fecondità del maestro.Una questione morale» di Francesca Nodari (Giuntina) riprende e rivede categorie «lévinasiane», ispirandosi ad una «filosofia del dialogo» dove anche il rapporto educativo trasforma la prospettiva «dall’esterno» in un «porsi di fronte a». Incarnandosi, allora, in una aspettativa di «salvezza » per l’allievo, che forse in tempi di smarrimento può diventare un’àncora per aprirsi poi al futuro, e che allo stesso tempo vede il carisma dell’insegnante come una sorta di richiamo al «messianismo», che nel «qui ed ora» non si può esaurire.

A parlarne, nell’incontro organizzato dall’associazione Filosofi lungo l’Oglio alla libreria dell’Università Cattolica, assieme all’autrice sono stati Tonino Zana, inviato speciale del «Giornale di Brescia», padre Rosino Gibellini, direttore letterario di Queriniana Editrice e Ilario Bertoletti, direttore di Morcelliana e La Scuola Editrice. Il tema «ha la profondità dei millenni », ha notato Tonino Zana. Solo apparentemente è una specificità dei giorni nostri: «In verità un’esigenza di sempre, che si trasforma in un inganno necessario dell’egoismo o in una genetica della sconfitta, poiché gli altri ci impauriscono, rappresentano l’altra parte di noi stessi che non vogliamo riconoscere ». La stessa «accidia» che pervade la «non voglia di cercare il maestro ».

Ma chi è, questa figura di padre spirituale, guida ed orientamento del cammino verso un’assunzione di responsabilità? Padre Rosino Gibellini menziona il «De magistro» di Sant’Agostino, classico della filosofia tardo antica, in cui il magister è colui che non inculca idee, ma «aiuta dall’esterno». Non è questa, però, la dimensione in cui Nodari cala il discorso: Lévinas, piuttosto, che «ha avuto il coraggio di introdurre la grande categoria dell’altro, icona e traccia dell’infinito, e quindi il pensiero di Dio, nella filosofia contemporanea » mostra come la dualità abbia una peculiare «socialità» che è irriducibile. Su questa strada si apprende «l’arte della vita», ma dentro una temperie di «fiducia» che aiuta a fronteggiare le «procelle del mare» sulla zattera della quotidianità, per evocare Heidegger.

La fecondità trova una delle sue esplicazioni più alte nell’accadimento dell’insegnamento, a partire da un «bisogno inteso come richiesta di senso», spiega Nodari. Premessa è la domanda: in che società siamo ogg? Ci riferiamo alla globalizzazione come evento ormai ineluttabile, ma - come sostiene l’antropologo Marc Augé (che l’autrice cita) - ci stiamo dirigendo verso un mondo costituito da tre categorie: i possidenti, i consumatori, gli esclusi (coloro che non hanno voce, il «non-detto» appunto). Le persone si stanno mettendo alla «ricerca forsennata di riferimenti culturali».

Ecco, allora, la rivalutazione della figura del maestro in chiave etica: egli è «colui che mi sta di fronte». «Sa che non può lasciarti solo; lui c’è, spera con te». Contro il rischio che i professori si limitino a trasmettere in maniera molto "fredda" dei contenuti, l’appello - lanciato da papa Francesco - a farsi essi stessi «testimoni», cioè ad essere autenticamente maestri.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Anita loriana Ronchi
  • giornale: Giornale di Brescia

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