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Sabato, 15 Giugno 2013 02:00

Marc Augé: «Nel rapporto tra noi e gli altri la contrapposizione deve scomparire»

Marc Augé Marc Augé

E' un invito a «coniugare al futuro la dinamica del presente », e ad «affrontare le sfide del mondo planetario in via di costruzione», quello lanciato da Marc Augé.

Il celebre etnologo e antropologo francese era ospite ieri sera a Brescia del festival Filosofi lungo l’Oglio, nella chiesa di Santa Maria del Carmine aperta da don Armando Nolli ai filosofi e alla folla di spettatori che anche ieri la manifestazione ha richiamato. Per Augé il festival è ormai un appuntamento fisso: vi ha partecipato per il terzo anno consecutivo, accolto dalla curatrice Francesca Nodari e da Anna Maria Gandolfi, consigliera di parità della Provincia di Brescia. Ha letto in italiano un testo non semplice da seguire in tutti i suoi passaggi,ma che può già essere ripercorso e approfondito nel nuovo volumetto della collana «Granelli», gli instant-book editi da Massetti Rodella che accompagnano utilmente alcuni appuntamenti della rassegna.

Se il tema di quest’anno è «Noi e gli altri», guardare al futuro per Augé comporta un ripensamento dei tradizionali concetti di identità e alterità. Partendo magari dalla considerazione che non esiste un noi ben definito da contrapporre agli altri: «Nessuna cultura può essere considerata come un’entità globale e unica:tutte sono composte da individui che non hanno né gli stessi interessi, né le medesime storie,né lo stesso ruolo nella vita della comunità ». L’essere umano, avverte lo studioso, è tridimensionale. Mostra anzitutto una dimensione individuale caratterizzata da una coscienza di sé che appare comunque inseparabile dalla percezione del diverso: «L’alterità è all’origine dell’identità di ogni individuo, che si costruisce sin dall’inizio attraverso la relazione con gli altri». Sulla relazione poggia poi la «dimensione culturale»: ogni società,nel tentativo di rispondere ai «grandi temi problematici dell’umanità», produce un sistema di riferimento simbolico, il cui limite è la tensione ad annnullare la libertà individuale in nome del «senso sociale».

Il pensiero simbolico, infatti, «non conosce il dubbio e, eliminando gli interrogativi da cui esso procede, si presenta come un insieme dogmatico». Nasce così la «perniciosa» opposizione tra culture, quella separazione tra «noi e gli altri» che trascura la terza dimensione, trascendente le prime due: la «dimensione generica » del nostro essere tutti appartenenti alla specie umana. «È perché ciascun individuo scopre in sé la dimensione generica che si può definire come sovrano e uguale nel diritto a chiunque altro ». Il compito della democrazia è di ridurre lo scarto tra la dimensione culturale, che struttura e irrigidisce i rapporti di potere, e quella generica: di «generalizzare l’applicazione effettiva dei diritti dell’uomo ». La stessa democrazia è chiamata a sfide impegnative. La globalizzazione «ha apparentemente capovolto le relazioni tra gli unie gli altri e la stessa definizione di queste due categorie».

La «grande narrazione liberale», secondo Augé, aveva immaginato «un accordo unanime a livello planetario in merito alla forma ideale del governo degli uomini: mercato liberale e democrazia rappresentativa». È l’utopia di un «noi» esteso all’intero pianeta e benedetto da un uniforme benessere, messa però in discussione dalla realtà: «Lo scarto tra i più ricchi dei ricchi e i più poveri dei poveri non cessa di aumentare », mentre ci avviamo verso «un pianeta costituito da tre classi sociali: i possidenti, i consumatori e gli emarginati». La «zona di frontiera tra consumo ed esclusione» è un focolaio di tensioni. Nell’era della comunicazione si rafforza paradossalmente negli individui il senso di solitudine: «Ciascuno si sente esposto al rischio di perdere le sue relazioni, di emarginarsi e di rimanere solo di fronte alla massa anonima di tutti gli altri».

Non c’è più un «noi» in contrapposizione a «loro», ma «l’uno da un lato, gli altri dall’altro », nel quadro di un’umanità ancora dominata dai «rapporti di rivalità e scontro, dalla contrapposizione delle politiche, delle religioni, dalle sperequazioni economiche,e infine dall’ineguale accesso alla conoscenza ». La «terza dimensione», la consapevolezza della nostra comune condizione umana, appare lontana dall’essere condivisa. Augé conclude allora guardando al cosmo, magari con un po’ di malinconia: «Forse è lo scatto della ricerca scientifica che,il giorno in cui prenderemo coscienza della presenza lontana ma improvvisamente percepibile di altri mondi viventi, ci avvicinerà gli uni agli altri trasponendo la categoria dell’alterità.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Nicola Rocchi
  • giornale: Giornale di Brescia

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