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Sabato, 07 Gennaio 2012 01:00

Quando il lessico della politica si confronta con la natura

Da un certo periodo si sostiene che il lessico della politica si sia esaurito e che sia necessario trovargli nuove formulazioni. Non si tratta di abbandonare le parole della filosofia politica occidentale, ma di coglierle da orizzonti, in certo senso, impensati. È quanto ha cercato di fare, in una ricerca instancabile, Roberto Esposito - vice-direttore del l'Istituto Italiano di Scienze Umane, nonché professore di Filosofia teoretica dello stesso istituto nella sede di Napoli.

Attraverso l'analisi critica delle categorie politiche elaborate dai classici del pensiero filosofico moderno, Esposito ha sottolineato nelle sue ricerche i limiti del politico nell'età contemporanea, in quanto organizzazione che si confronta inevitabilmente con la vita biologica. Cosa si deve intendere per natura? Quale legame intercorre tra natura e storia? Sono questi, soltanto, alcuni degli interrogativi che sottendono il lavoro trentennale dello studioso. «Per natura - esordisce il filosofo - s'intende lo spazio, gli elementi, gli eventi che ci circondano, o sono dentro di noi, cui non abbiamo dato luogo noi stessi, che ci precedono o seguono, indipendentemente da noi. Per esempio il terremoto del Giappone o l'uragano di New York. Ma anche lo sbocciare dei fiori in primavera e la bellezza del Golfo di Napoli. Poi un tipo particolare di natura è la natura umana.

Circa il rapporto con la storia, già la natura del primo tipo - gli eventi naturali - s'incrociano con essa. La stessa «ominazione» - vale a dire l'origine della specie umana - è un evento insieme naturale e storico. Naturale perché riguarda appunto la costituzione della nostra natura; storico perché avviene nel corso del tempo, secondo quanto è stato chiarito prima da Darwin con la sua teoria dell'evoluzione, e poi da studi sempre più perfezionati sull'origine dell'universo, del nostro mondo, della vita in genere e della vita umana in particolare (anch'essa evoluta nel tempo). Ma anche riguardo le catastrofi suddette, la storia s'incrocia con la natura, almeno quanto alle condizioni ambientali e agli effetti degli eventi naturali. Per esempio, gli effetti negativi del terremoto in Giappone sono stati ridotti dalla costruzione di strutture abitative antisismiche e aumentati dalla presenza di una centrale nucleare. A sua volta il terremoto ha avuto un effetto storico, nel senso che ha cambiato, riducendoli o azzerandoli, i programmi nucleari di mezzo mondo.

Dunque, storia e natura s'incrociano e sovrappongono sempre. Ma non al punto da potere eliminare qualcosa di naturale che resiste alle trasformazioni storiche. A partire dalla stessa morte che gli uomini non sono riusciti, e forse mai riusciranno, a vincere, neanche con la loro straordinaria potenza tecnologica e biotecnologica. Come la natura non è in grado di risolvere in sé la storia, così la storia non può mai storicizzare l'intera vita naturale, umana e non umana». In che termini, dunque, ricollegandoci anche alla Sua fortunata trilogia - «Communitas», «Immunitas», «Bios» - si può parlare oggi di biopolitica? «Si tratta di un termine - ha precisato Esposito - che ha una lunga storia, fissato una prima volta da Michel Foucault e poi elaborato soprattutto dalla filosofia italiana contemporanea. Con tale termine s'intende un'implicazione reciproca, sempre più forte, tra politica e vita biologica. Oggi tutte le agende governative, i programmi politici interni e le grandi questioni di politica internazionale hanno a che fare con la vita materiale degli individui e delle popolazioni.

Dai problemi della biogenetica a quelli dell'immigrazione, dalle leggi sulla salute alle guerre cosiddette umanitarie. Ciò rende il diritto formale sempre meno capace di gestire vicende legate ai corpi e al carattere differenziale degli esseri viventi. Il «bios» e il «ghenos» tendono a sostituire, o almeno a condizionare, il «nomos», la legge generale e astratta. Naturalmente - conclude lo studioso - il fenomeno biopolitico può essere declinato in termini positivi, affermativi, nel senso dell'espansione della vita, o anche in termini negativi, mortiferi, in senso razziale o di dominio sulla vita».

Informazioni aggiuntive

  • autore: Francesca Nodari
  • giornale: Giornale di Brescia

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