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Venerdì, 28 Luglio 2023 11:11

Augé visto da vicino Talento politico, persona amabile

L'antropologo francese Marc Augé, morto lunedì a Poitiers a 87 anni L'antropologo francese Marc Augé, morto lunedì a Poitiers a 87 anni

In un suo famoso testo del 1949, «Lo specchio dell'uomo», Clyde Kluckhohn affermava che l'antropologo è chiamato a compiere un «giro lungo», attraversando territori lontani, per scoprire infine che questa era «la via più breve per tornare a casa».

L'idea che solo nel confronto con altri abbiamo la possibilità di capire veramente noi stessi era anche l'assunto fondamentale di Marc Augé, il grande etnologo francese già presidente dell'École des hautes études en sciences sociales mancato lunedì all'età di 87 anni. Le ricerche sul campo condotte in Costa d'Avorio, nel Togo e in America Latina avevano offerto ad Augé degli spunti per comprendere in una nuova luce la condizione umana nel Nord del pianeta. Nei villaggi tradizionali dei pescatori della costa ivoriana la dimensione costruttiva e abitativa aveva una precisa funzione, documentando visibilmente le divisioni in clan, i ruoli sociali, i rapporti di parentela tra i residenti; proprio tale «densità simbolica» suggerì ad Augé, per opposizione, un concetto-categoria che avrebbe poi avuto enorme fortuna, quello dei «nonluoghi» come elementi tipici delle città moderne (nonluoghi sono, tra gli altri, i centri commerciali, gli aeroporti, le lounge delle catene alberghiere, «spazi marchiati dal sigillo dell'effimero e del passaggio» per cui transitano individui «tra loro simili, ma soli»).

In seguito, reagendo alle tante riprese libresche e banalizzazioni del suo discorso, Augé spiegò che la coppia luogo/ nonluogo ha un significato relativo, dal momento che i suoi poli «non si presentano mai in forme chimicamente pure: in molti casi, coloro che vi risiedono riescono a umanizzare anche gli ambienti di vita più anodini od ostili» (ad esempio, per chi ogni giorno vi lavora i caselli autostradali o le file di casse dei supermercati possono perdere la qualità di nonluoghi, a mano a mano che di essi ci si appropria; ma forse, perfino i muri in cartongesso fintamente sbrecciati e i pergolati di plastica con cui certi locali di fast food tentano di imitare le vecchie trattorie di campagna testimoniano, sia pur goffamente, di questo istintivo rigetto del vuoto).

Contro le tesi di Fukuyama Per Augé, l'antropologia culturale non aveva solo un carattere descrittivo-interpretativo: si traduceva in impegno politico, in senso ampio, attraverso la denuncia delle contraddizioni dell'epoca odierna. In un'intervista che ci aveva rilasciato nel 2009, egli criticava la nota tesi del politologo Francis Fukuyama per cui la storia umana sarebbe ormai entrata in un'ultima fase, con l'affermazione definitiva di un modello economico-politico basato sul binomio libero mercato-democrazia rappresentativa: «Fukuyama - ci diceva Augé - ha conferito una veste filosofica a ciò che io chiamo "ideologia del presente", un'ideologia che corrisponde alla difficoltà a immaginare il futuro, un qualsiasi futuro alternativo allo stato attuale delle cose. Oggigiorno, però, constatiamo che la causa del libero mercato è sostenuta anche da governi nient'affatto democratici. Soprattutto, stiamo assistendo non alla diffusione effettiva della democrazia nell'intero pianeta, ma all'affermazione di una nuova forma di aristocrazia, basata sul controllo della finanza, della tecnologia e della ricerca scientifica. Negli Stati Uniti, in Europa, in Asia e in minor misura in America Latina si sono già costituiti dei "poli urbani" dominanti, in cui ristrette élite di governo prendono decisioni che condizionano la vita di tutti. Sotto questa nuova classe egemone troviamo una massa di consumatori passivi e, ancora più in basso, un numero impressionante di persone di fatto escluse dalla circolazione delle informazioni e dei beni».

Del periodo liceale Marc Augé ricordava con entusiasmo lo studio, nella classe seconda, dei Lumi del XVIII secolo; e all'Illuminismo si richiamava la sua proposta di una grande «utopia dell'istruzione», come alternativa alla concentrazione del sapere nelle menti di pochi: «Oggi, a livello mondiale, non sta aumentando solo il divario tra i "ricchi più ricchi" e i "poveri più poveri", ma anche e soprattutto quello tra coloro che hanno accesso alla conoscenza e coloro che ne rimangono esclusi. Nella formula che io uso ("utopia dell'istruzione"), la componente utopica sta nel fatto che, ora come ora, le cose sembrano andare ben diversamente: e tuttavia, credo che non si tratti di un ideale vago o inefficace. Ci indica dove dovrebbero convergere, nei decenni a venire, i nostri sforzi».

Una neolingua personale Un terzo aspetto del percorso umano e intellettuale di Augé merita di essere ricordato da chi pur non essendo un suo amico intimo ha avuto la fortuna in più occasioni di parlargli (lo studioso francese era intervenuto spesso al Festivalfilosofia di Modena, alla rassegna Filosofi lungo l'Oglio ed era venuto anche a Bergamo l'ulti- ma volta, nel 2017, ospite del Festival «Fare la Pace» e di «Donizetti Opera»). Ci pare di poter riassumere questo aspetto, più privato, sotto la voce «amabilità»: capitava ad esempio che Augé non per necessità comunicativa né per millantare doti di poliglotta, ma per un naturale desiderio di andare incontro all'interlocutore si mettesse a conversare con noi in una sorta di neolingua romanza, alternando termini italiani e francesi. Per un anno, egli aveva abitato a Torino, nella centralissima piazza Carlo Alberto: nel 2018, rievocando quel periodo in un libro intitolato «Bonheurs du ben ammetterlo: tutti muoiono jour» («Momenti di felicità», giovani». Raffaello Cortina), egli coglieva l'occasione «per esprimere la sua gratitudine agli italiani e all'Italia» («Uno dei miei sogni ricorrenti di felicità, lo confesso, è partire alla volta dell'una o dell'altra città italiana dove qualche collega ha avuto la cortesia d'invitarmi. Quei viaggi di pochi giorni sono per me una festa: assaporo, insieme, le gioie del ritorno, i momenti felici dell'incontro, l'eccitazione dello scambio intellettuale e una sorta di allegria dei sensi sollecitata al tempo stesso dallo splendore delle città e dai sapori delle cucine locali»).

Ci era parso di notare in lui la permanenza di questo atteggiamento pacatamente gioioso anche negli ultimi anni, nonostante il suo affaticamento fisico. Già nel 2014, in un altro bellissimo saggio («Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste», anch'esso edito da Raffaello Cortina), egli aveva indagato l'esperienza condivisa da molti di noi di una sfasatura tra la vita interiore e i meri dati anagrafici: «"Quanti anni ha?" Da qualche tempo quando mi si rivolge la domanda sprofondo nell'imbarazzo. Anzitutto proprio nei confronti di chi me la pone, visto che mi appare prova di un'indelicatezza di cui non sospettavo l'esistenza e, secondariamente, perché devo ben riflettere prima di rispondere. Come posso dire? Conosco la mia età, posso dichiararla, ma non ci credo». Aggiungeva, Marc Augé, verso la fine del libro: «Il tempo in cui è immersa l'età avanzata non è costituito dalla somma accumulata e ordinata degli avvenimenti passati. È un tempo, diciamo, palinsesto: non è che si ritrovi sempre quello che vi è annotato e, anzi, capita che gli scritti più vecchi siano i più facili da riportare alla luce. Il morbo diAlzheimer è solo l'accelerazione di un processo naturale di selezione operato dall'oblio, al termine del quale risulta che le immagini più tenaci, se non le più fedeli, sono comunque spesso quelle che risalgono all'infanzia. Che ce ne si rallegri o che lo si deplori questa constatazione ha un lato crudele -, bisogna  ben ammetterlo: «Tutti muoiono giovani» ha scritto riflettendo sulla vecchiaia.

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Marc Auge’ - Le nuove paure. Che cosa temiamo oggi?| Pane Quotidiano - 2015

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