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Martedì, 20 Ottobre 2020 23:37

Vietato ai minori

La sociologa Chiara Saraceno La sociologa Chiara Saraceno

Non è un Paese per vecchi? Andiamo con ordine: non è un Paese per bambini. Le prove regine si leggono in cronaca e stanno nella realtà dei fatti. Chiara Saraceno, una delle più importanti sociologhe italiane, «femminista storica mai pentita» la definizione è sua ma anche madre e nonna da sempre convinta che istruzione e educazione sono due cose distinte ed entrambe necessarie, è ospite domani del Festival Filosofi lungo l'Oglio a Gardone Val Trompia (ore 21, chiesa di San Marco). Tema dell'incontro i diritti dell'infanzia e in particolare dei diritti negati dei bambini e delle bambine.

Un tema di grande attualità anche alla luce delle restrizioni a cui i bambini sono stati sottoposti a causa della pandemia. «In Italia - ci dice - i bambini sono considerati come un bagaglio appresso ai genitori, non sono soggetti con diritti propri che rappresentano il futuro su cui si dovrebbe investire. Peraltro da noi ne nascono pochi e di questo ci si lamenta, però dei pochi che ci sono non ci si preoccupa adeguatamente. Quando si tratta di investire risorse per la loro crescita, ci si tira indietro, tutto viene lasciato alle risorse familiari. E' un argomento che non è mai riuscito ad entrare nell'agenda politica. Gli unici soggetti a cui lo Stato riconosce un sostegno sono gli anziani».

Parlare di minori significa parlare di famiglia. «Tengo famiglia», «i figli so' pezzi 'e core»: sono le locuzioni che appartengono al costume. La retorica sentimentaloide è però una foglia di fico che vola via, smascherando inettitudine e ipocrisia. «Certo la famiglia è sacra e soprattutto ci si aspetta molto da lei: reddito non pagato delle donne, che curano e assistono, sostegni pochi e frammentati. La novità positiva di quest'anno è che ci si sta avviando verso l'assegno familiare unico rispetto ad un precedente sistema sprecone e poco distributivo. E un miglioramento sul piano dei servizi, settore in cui siamo ancora arretrati. I servizi per i genitori che lavorano devono essere pensati come servizi per i bambini nella prospettiva delle pari opportunità tra i bambini. Un'enorme letteratura internazionale mostra quanto i primi anni di vita siano importanti per lo sviluppo cognitivo e quanto sia importante avere un servizio educativo di qualità per tutti. Da noi la povertà educativa (opportunità culturali, scolastiche, relazioni sociali, attività formative) fa sempre la differenza. In peggio».

La famiglia è un campo di affetti, emozioni...« Non voglio fossilizzarmi sulle definizioni. La famiglia è quel nucleo di persone che si prendano la responsabilità della crescita del bambino, collocandolo in una relazione civile emotiva e simbolica. E una famiglia standard, un genitore solo, due e dello stesso sesso? L'importante che ci sia qualcuno che lo faccia crescere e poi lo lasci andare. Non è l'appropriazione ma il radicamento di affetti e valori che dà le radici e consente lo sradicamento».

In questo anno anomalo non si può non parlare di Covid, che ha contribuito a differenziare il diritto all'istruzione. «Con la chiusura delle scuole questo gap è cresciuto. Il Covid ha fatto sì che tutti i bambini abbiano potuto godere della stessa scuola come luogo. Alcuni hanno perso anche la mensa, l'unico pasto proteico garantito. Il fatto inoltre di non avere i soldi necessari per pagare gli strumenti tecnologici e la connessione veloce per la didattica a distanza ha determinato disparità nell'accesso all'istruzione, ma anche disuguaglianze culturali. Anche avere o non avere i genitori in grado di darti una mano ha fatto la differenza. Secondo l'Agcom una percentuale tra il 10 e il 30% di bambini e adolescenti non ha potuto godere appieno del diritto alla formazione. Fossi la ministra Azzolina, non ci dormirei la notte. Non abbiamo bocciato nessuno, ha detto. Ma non è questo il problema. Si usa dire che i ragazzi devono recuperare i debiti, forse sarebbe il caso di ribadire che invece dovrebbero riscuotere i crediti, perché è la scuola che deve restituire ciò che non è stata in grado di dare e a loro spetta».



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