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Giovedì, 10 Settembre 2020 19:04

Addio ad Amos Luzzatto, una voce ebraica contro il razzismo e i populismi

Amos Luzzatto Amos Luzzatto

Piuttosto appartato negli ultimi tempi, dopo una certa visibilità sulla scena pubblica italiana, è mancato ieri a Venezia Amos Luzzatto, 92 anni, già presidente dal 1998 al 2006 dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, nonché di quella veneziana.

Nato a Roma nel 1928, erede di una famiglia di studiosi e rabbini radicata a Trieste e a Padova (il nonno paterno era Dante Lattes e il trisavolo paterno Samuel David Luzzatto, senza dimenticare la parentela con i Voghera) nel '39 era emigrato a Tel Aviv con la madre e i nonni a causa delle persecuzioni razziali, rientrando poi in Italia nel '46.

Laureato in medicina aveva raggiunto il primariato e la docenza universitaria lavorando come chirurgo per quarant'anni; ma non si dispiaceva quando lo si definiva "medico-studioso di cultura ebraica". Assertore di un'identità da riaffermare in maniera laica oltre che religiosa, in continuità con le tradizioni, i rituali, la storia, la lingua, ma pure lo studio della Bibbia e della letteratura midrashico-talmudica, desideroso di offrire un quadro sempre più vasto e meno conflittuale dell'ebraismo, Luzzatto è stato scrittore fecondo.

Tra i suoi libri ricordiamo qui almeno: Ebrei moderni (Bollati-Boringhieri) e Sinistra e questione ebraica (Editori Riuniti) entrambi dell"89; Giobbe (Feltrinelli, 1991); Oltre il Ghetto, con David Bidussa e Gadi Luzzatto Voghera (Morcelliana, 1992); Una lettura ebraica del Cantico dei Cantici (Giuntina, 1997); Leggere il Midrash e Una vita tra ebraismo, scienza e politica, a cura di Massimo Giuliani (Morcelliana, 1999 e 2003); Il posto degli ebrei (Einaudi, 2003); A proposito di laicità. Dal punto di vista ebraico curato da Francesca Nodari (Effatà, 2008); Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra (Mursia, 2008); Hermann (Marsilio, 2010); Chi era Qohelet? (Morcelliana, 2011); Se questo è un ebreo, colloquio con Marco Ailoni (Aliberti, 2013).

Proprio in quella sorta di autobiografia titolata Conta e racconta uscita per i suoi 80 anni, Luzzatto aveva già tracciato un bilancio della sua vita partendo dal periodo nella Palestina mandataria. Una parabola umana dove hanno contato molto professione e passione civile. E gli studi: "Il Maimonide d'Italia" lo chiamava Paolo De Benedetti, grande amico "marrano" con cui era facile vederlo, quando Luzzatto lavorò nell'ospedale di Asti e non solo.

Ma dove pure hanno contato la grande Storia e le piccole storie in cui si è trovato testimone e protagonista, talora non senza polemiche: il fascismo, il sionismo, la nascita di Israele, la militanza nel Pci poi sfociata in una promozione di una cultura di sinistra non più ideologica, l'impegno nella comunità ebraica, la caduta della Prima Repubblica e il dialogo con la nuova Destra (compreso il percorso di Fini e quello del suo partito allora).

Tutto questo alzando la sua voce contro l'antisemitismo e il razzismo, a favore del dialogo e della conoscenza per lui antidoto contro il virus dell'intolleranza e i populismi. Battersi in difesa di ogni minoranza, e convinto, come rappresentante degli ebrei italiani, di dover valorizzare l'intesa con lo Stato per «offrire concretezza in Italia al pluralismo democratico non sempre adeguatamente sostenuto».



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