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Mercoledì, 26 Giugno 2019 08:11

Baharier: il destino «siamo noi e le nostre domande»

Haim Baharier - studioso Haim Baharier - studioso

A Chiari la lezione del biblista, matematico e psicanalista, da «Il tacchino pensante»

CHIARI. Le quattro magnolie immobili, svenute nel giorno afoso, ora muovono ombre, nel Quadriportico della biblioteca Fabio Sabeo, nel cuore di Chiari. Il Festival dei Filosofi lungo l'Oglio non si piega alle calure anch'esse olimpioniche e lunedì sera ascolta Haim Baharier su «Generare: un cammino arduo tra il genetico e il genesiaco».

Matematico e psicanalista, tra i principali studiosi del pensiero biblico, Baharier viene introdotto da Francesca Nodari, che invita a d un rinnovato «no all'antisemitismo», in giorni in cui «si risente l'odore acre del razzismo". Baharier è figlio di genitori vissuti quattro anni ad Auschwitz, nella ferialità della morte. Nella sua casa a Parigi ha confidenziato con Einstein, Levinas e con quel tipo eccentrico, il pensatore Chouchani, apparso e scomparso nel mondo di genialità magica, paragonato al profeta Elia.

Eccentrica, non poco, è la didattica di Baharier: apre la sua lezione con musica orientale e si mette a danzare leggero, accompagnato dal battito delle mani dei nomadi del Festival. Da dove viene quella gioia evidente di danzare? Da un'incitazione alla gioia: è una prefazione ad uscire dalla prigione dell'inedia. Proviene da un'alleanza tra ragione, testi sacri e spiritualità.

Baharier muove la riflessione da un suo libro, «Il tacchino pensante». Narra di una dote che il padre deve lasciare alla figlia, ma ha solo un tacchino, allora lo ingrassa, lo accudisce perché al mercato valga il più possibile. Ma, una volta là, non sa che prezzo dargli. Si confronta col venditore di pappagallini: «Tre rubli» dice il collega e lui allora pensa che il tacchinone ne varrà 30. Arriva il potenziale cliente e chiede, interdetto: «Come 30 rubli, se i pappagallini costano 3 rubli? E poi i pappagallini parlano». «Ma il mio tacchino pensa», lo fulmina il padre della dote.

Baharier costruisce la lezione sulla necessità di non perdersi dietro al destino, parola di stanchezza, produttore di inedia, arrendevole e che ci arrende. Il destino siamo noi, con i nostri dubbi e le nostre domande da porre nel tempo giusto. Ma che la domanda sia dinamica, curiosa, vissuta e da consegnare fresca di altre domande ai figli.

«Il destino - sottolinea Haim Baharier - è la storia che si fa e ha noi come oggetto e non come soggetto». Aggiunge che «le buone domande non hanno risposta, sono tante. Ed io ho un capitale enorme di domande in tasca. Le mie sono pesanti: mio padre fece quattro anni a Auschwitz, morirono 7 milioni di fratelli».

Il senso. Il destino oggi sgomita, pretende di imporsi. È facile rovinarvisi se non si traduce con esattezza il senso delle cose e il significato delle parole. La Bibbia, dice Baharier, è illuminante intorno alla importanza del capire i termini, nell'impastare il pensiero con l'allegoria. E proprio sul tema del generare ci aiuta ad andare di là dalla parola.

Abramo, Isacco e Giacobbe ebbero grandi problemi a generare figli e soltanto nel fondo del messaggio divino compresero che essere padri e madri comportava la stessa responsabilità: generare non era un fare figli, ma la responsabilità di crescerli.

Il divino, alla lamentazione di Abramo risponde: «Esci dalla tua tenda e guarda i cieli». Baharier commenta: «Non puoi prendere alla lettera la risposta del divino anche perché, oggi sappiamo che i nostri occhi ricevono la luce delle stelle di milioni di anni fa e la fonte di quella luce non esiste più». Dunque, che fare? «Fare quello che dico ai miei amici-pazienti» chiude da psicanalista Haim Baharier: «Cercheremo insieme di diventare quello che siamo».



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