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Lunedì, 17 Luglio 2017 21:32

SE AI GIORNI NOSTRI IL CULTO DEL CORPO È SOLO APPARENZA

SONCINO. Visto da S. Maria Delle Grazie, nella campagna a ovest, Soncino aggiunge fascino alla bellezza medievale. Il portone del tempio (accadeva venerdì scorso, 14 luglio) è spalancato e gli affreschi dei Campi escono nel piccolo sagrato. Se non giungessero insieme, la prof. Francesca Nodari, leader del Festival dei Filosofi lungo l'Oglio e la relatrice Maria Tilde Bettetini, quasi a tagliare loro la strada, avanzerebbero dritti verso la campagna a un chilometro proprio dal fiume, a cui si intestano i dodici anni di vita dell’evento.

Si toccano le scene della chiesa, si esaudisce, subito, la parola chiave della gran festa pensante, «toccare». «La Deposizione», «Il Giudizio Universale», «L’Ascensione» arretrano e tornano al loro posto, obbedienti da cinque secoli e pronti ad ascoltare la lezione. Così, il gran Rosone blu, nel collo triangolare della facciata. Diviso in dodici spicchi. Si beve con lo sguardo e si assapora con il gusto.

Qui, si sente, come anticipa Francesca Nodari e approfondisce Maria Tilde Bettetini, il conflitto di Sant’Agostino, la consegna al corpo dei vivi e l’obbedienza al Signore, la sconcertante avventura umana del corpo, della mente e dello spirito.

La prof. Bettetini, docente di Storia della filosofia, chiama Aristotele, Socrate, Platone e il suo Agostino, del quale cura il pensiero e le nervose attrazioni del peccato e del pentimento. Escono dalla sagrestia invisibilmente parlano per delega consegnata alla prof. Bettetini.

Il corpo è non solo necessario, spiega con lo spirito di una «diretta» la nostra prof. Sempre intoccabili e insuperabili i Classici, ma da sempre, per vergogna e per paura si parla poco del corpo. In tempi in cui introduciamo nel corpo chilometri zero, vegano e carnivoro, enogastronomie e diete fuoribonde, lo lasciamo in disparte se non per modellarlo, artificiosamente, con botte festose di botulino, illusi, donne e uomini, che così il tempo si annulla e la morte si spinge più in là.

La prof. Bettetini consegna esempi di compiuta verità: ai nostri giorni ci infastidiamo del lutto, non abbracciamo gli amici colpiti dal dolore, inventiamo scuse infelici per la nostra assenza. Attenti, avverte, molti adolescenti si ubriacano, non vogliono conoscere il loro corpo, da un lato lo blandiscono, dall’altro lo rovinano.

Platone ci rifugia nella grotta e fuori ci illudiamo e ci autoinganniamo nella credenza dei nostri sensi. L’amore ci libera e ci aiuta a salire in alto. Socrate accoglie il corpo, ma lo astrae nella somma di tutti i corpi e lo consegna all’idea. Di nuovo scale verso l’alto, il cammino nei giardini degli dei. Per Aristotele, la conoscenza avviene attraverso i sensi, ma, al dunque, sceglie l’intelletto. Saltiamo nel tempo e diamoci un’occhiata. Noi, per dire dei nostri due secoli ultimi, affidando il corpo alla scienza, lo trasformiamo in macchina, lo isoliamo, lo medicalizziamo prepotentemente. Oggi, dice la prof. Bettetini, il corpo appare come l’unica cosa che conta, anche se lo si rimbambisce in movide full time, giorno e notte - Brixia semper fidelis - e lo si annulla con droghe di ogni genere.

La soluzione non si trova in farmacia, più facilmente in piazza, in queste chiese del festival, insieme, nel coraggio naturale di vivere in un equilibrio ricercato tra corpo, mente e spirito. Succede da millenni. Da millenni si fa quel che si può. Noi, forse, se vogliamo, possiamo più del passato. Saluti con ripasso ad Aristotele e soci. Buongiorno e benvenuti a noi stessi. Con acciacchi e speranze, dagli uno ai 130 anni, non solo o tanto come diceva Berlusconi, ma come ha intermesso il prof. Luigi Croce, meno di una settimana fa, a Rovato.

Con scienza e coscienza, il vecchio amico di Neanderthal, tra qualche tempo, può raggiungere i suoi scientifici 120-130 anni. Chi vivrà vedrà. Semmai, che sfangata, quanto toccare prima di salutare tutti i cari amici.

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