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Mercoledì, 07 Giugno 2017 01:49

Serata inaugurale a Orzinuovi il primo appuntamento della dodicesima stagione, sul tema «Toccare»

Nell'attesa della prima lezione, del primo giorno di scuola, come dirà la prof.ssa Francesca Nodari, gli affezionati della prima ora camminano con rispetto sotto le navate della chiesa parrocchiale di Orzinuovi e certificano di invecchiare «con filosofia» dopo dodici anni, dodici estati, almeno duecento lezioni del pensiero classico e contemporaneo.

Il maltempo esalta la generosità del parroco, don Domenico Amidani, ospite che aleggia sulla prima scena del dodicesimo anno del festival organizzato dalla Fondazione Filosofi lungo l'Oglio. L'assessore alla Cultura, Michele Scalvenzi, esprime gratitudine per la creatrice e organizzatrice di questo evento tra i più importanti d'Italia e apprezzato in sede europea. Francesca Nodari è a casa con sindaci «multipli», di Orzinuovi, Andrea Ratti, e di Villachiara, Angelo Riccardi, trovandosi, la sua stupenda cascina Le Vittorie, nel catasto dei due paesi. Le Vittorie di Francesca e della mamma Antonia copresidente ad honorem del festival per questo toccare da sempre e per sempre la sua affascinante figliola compio- no mezzo millennio. Qui le terre si toccano, come i paesi, come i sindaci e i parroci in un'unità di intenti maggiore di quanto non la si percepisca da dentro. Toccare, per l'appunto, è la parola chiave del festival e la prof.ssa Silvia Vegetti Finzi, nata a Brescia, infanzia a Manerbio, esprime una certa brescianità deamicisiana, cioè romanticamente sofferta in una lettura diretta e massiccia del suo libro «Una bambina senza stella», storia dell'infanzia della relatrice in cui si reclama già quell'assenza dell'educazione al tatto, al toccare che verrà introdotta dalla Montessori. Invece, le cose più importanti della vita implicano il contatto. Non è forse vero che il nostro apparire la prima volta e il nostro andarsene, alla fine, reclamano la prima e l'ultima carezza, proprio del nascente e del morente?». I bambini conoscono il mondo con il tocco rassicurante dei genitori, desiderano essere toccati allorché affrontano momenti di fragilità e costantemente chiedono quella tenerezza per la quale è diminuita la nostra disponibilità. La tenerezza, spesso, è più dell’amore. Una bambina senza stella. La prof. Silvia Vegetti Finzi dispone a mani piene del suo libro, «Una bambina senza stella», per insegnare l'abbandono di una bambina considerata nemica della vita prima di nascere. Lei è una Finzi, un'ebrea, e viene al mondo quando si decretano le leggi razziali. Nasce a Brescia, si sposta nel Mantovano dai parenti, ritorna a Brescia mentre il padre e la madre sono in Etiopia. Vivrà per quattro anni e mezzo da parenti amorevoli, al tempo dei canti generosi delle donne emiliane nelle risaie mantovane, quando si scartocciava nelle stalle e l'aia consentiva giochi di piazza ed era un toccarsi leggero anche nella rincorse libere e serali di quei giorni mortali. Quei bombardamenti. Legge, la Finzi, delle fughe nei rifugi bresciani ai giorni dei bombardamenti sulla città, l'odore di salnitro nelle stanze umide raggiunte dopo molte scale, la madre con in braccio il fratello e lei senza un tocco, perché non c'è più posto. Gli abbandoni della bambina sembrano crescere con il ritorno della madre. Lei non sapeva dov'era l'Africa e non si sentiva lontana da niente per via di un affetto curato e profondo dei parenti mantovani. La guerra finisce e le ferite non sono soltanto quelle causate dalle bombe. Le ferite sono figlie anche dell'assenza o del disordine di una pronuncia «toccante», di quell'inizio di fratellanza, per esempio, che lei e il fratello cominceranno a scambiarsi con il prestito di giocattoli nei giorni della festa.

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