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Lunedì, 21 Luglio 2014 01:05

Nona edizione Festival Filosofi lungo l'Oglio: un bilancio con i fiocchi

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Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, dell'Assessorato alla Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, della Consigliera di Parità Provinciale, delle Province di Brescia e di Cremona e con l’adesione del Prefetto di Brescia, si è chiusa la nona edizione del Festival Filosofi lungo l’Oglio, incentrata sulla parola chiave fiducia. Un’edizione che segna un passo decisivo nella crescita di una manifestazione che è al giro di boa del decennale.

Accanto ai Comuni già teatro delle precedenti edizioni: Brescia, Barbariga, Brandico, Corte Franca, Corzano, Chiari (Fondazione Morcelli Repossi), Erbusco, Orzinuovi, Orzivecchi, Ostiano, Rovato, Palazzolo sull’Oglio, Soncino (Chiesa S. Maria delle Grazie), Villachiara, Travagliato (Chiesa SS. Pietro e Paolo) spicca l’ingresso significativo di una nuova realtà municipale: il comune di Flero. Partendo dalla Bassa bresciana e toccando le località rivierasche e/o attigue al fiume Oglio, per poi ampliare il proprio orizzonte in Franciacorta e giungere alle estremità dei Parchi Oglio Nord e Sud, il Festival ha fatto, in questa edizione, una doppia tappa nella città di Brescia, nel Comune di Villachiara e nella città franciacortina di Palazzolo sull’Oglio. Una mappatura che ha reso ancor più fruibile il carnet degli appuntamenti, eleggendo, per così dire, tre capitali del Festival, attorno al cui ideale triangolo geografico si sono snodate – in sintonia con una delle caratteristiche costitutive della Kermesse: un pensiero che si fa esso stesso nomade – i numerosi appuntamenti di questo Simposio di Pensiero e di Parole.


Essenziale e insieme di grande pregio il contributo della Fondazione Cariplo così come il sostegno della Bcc di Pompiano e Franciacorta e della Fondazione ASM di concerto agli amministratori dei Comuni e degli Enti ospitanti nonché agli sponsor che hanno assicurato il loro sostegno alla manifestazione. Passando da diciassette a 19 lezioni magistrali, questo Simposio di Pensiero e di Parole fedele al proprio spirito itinerante e al binomio luogo-pensiero – un format che si è rivelato vincente – ha portato il filosofo in mezzo alla gente, nella consapevolezza che la diffusa richiesta di senso sia un bisogno sociale da soddisfare e che va preso, davvero, sul serio. All’aumento delle lezioni magistrali (che saranno riproposte integralmente, in autunno, sui canali dell’Emittente bresciana Teletutto e quindi disponibili sul sito: www.filosofilungologlio.it), il pubblico ha risposto con un’affluenza che ha fatto registrare un ulteriore, significativo incremento. Ascolto, attenzione, dialogo sono in certo senso le tonalità affettive di un pubblico desideroso di conoscere e di confrontarsi, di interagire e di riflettere.

Di più, capace di dare corso a ciò cui ciascuno auspicava all’inizio del Festival: il fatto che questo Simposio di Pensiero e di Parole possa costituire un laboratorio in cui la filosofia della relazione venga esperita e messa in pratica. Un laboratorio che, proprio perché eviene tra «io sono» mortali e finiti che nell’incontro esperiscono con tutto loro stessi il bisogno dell’altro e quindi il prendere sul serio il tempo, si può leggere fenomenologicamente come un tentativo di abbozzare una risposta concreta alla crisi planetaria e agli sviluppi di una globalizzazione che, in quest’epoca della surmodernità, per usare l’espressione coniata da Marc Augé e caratterizzata dal triplice eccesso di spazio, di luogo e di individuo – mentre le diseguaglianze e le sperequazioni sociali aumentano a dismisura – mina il darsi stesso del simbolico, mettendo a rischio la relazione che si dà gli uni con gli altri in un clima di nuove paure, chiusure solipsistiche, tensioni sociali determinate, basti guardare al nostro Paese, da un tasso di disoccupazione molto elevato e da un sentore diffuso di disappunto, sfiducia, rassegnazione. Il contrario di ciò servirebbe in quest’epoca storica: tornare all’esercizio, come ha mostrato Salvatore Natoli, di una virtù dimenticata ma quanto mai necessaria oggi: la perseveranza.

IL PREMIO INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA/FILOSOFI LUNGO L’OGLIO. UN LIBRO PER IL PRESENTE

Altro evento clou del Festival è stata la proclamazione del vincitore della Terza Edizione del Premio internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente che, come recita l’articolo 1 dello Statuto, è assegnato «all’opera di uno studioso che abbia elaborato, attraverso il suo pensiero, idee capaci di fornire agili strumenti per abitare la nostra contemporaneità». Un’opera, dunque, che sia «in grado di segnare non soltanto la recente storia della filosofia e, più in generale, del pensiero, ma soprattutto la realtà effettuale in cui ogni uomo si trova a vivere nel qui e ora dei nostri giorni». La prestigiosa benemerenza è stata conferita al Prof. Paolo De Benedetti, teologo e biblista, tra i massimi esperti contemporanei dell’ebraismo – con il volume: Ciò che tarda avverrà, Edizioni Qiqajon, Magnano (Bi) 1992. Riportiamo qui di seguito uno stralcio del testo della Laudatio composta da Ilario Bertoletti e pronunciata dal Presidente di Giuria, Prof. Adriano Fabris, nel corso della cerimonia di proclamazione, tenutasi lo scorso 6 luglio, nella Sala Franciacorta dell’Hotel Iseolago a Iseo (Bs), alla presenza di numerose autorità e della Giuria. «C’è un che di paradossale in questa Laudatio. Per esser tale non potrebbe prescindere – secondo le regole del genere letterario – dalle lodi del personaggio in causa. Ma cosa di più contraddittorio del tessere le lodi di Paolo De Benedetti, uno degli autori più refrattari alla pubblicità delle sue gesta, e la cui contrazione del nome nell'acronimo PDB è spia della rigorosa osservanza del precetto dell'understatement? D'altronde, come si potrebbe render conto dei molti volti di PDB: editore, biblista, filologo, teologo, conferenziere, poeta, direttore spirituale di un convento sardo e custode della sinagoga di Asti? Per fortuna questo premio si rivolge a un'opera che abbia segnato il dibattito teologico e filosofico contemporaneo, e quindi il paradosso può essere evitato. Chi ha avuto l'occasione di sentire una conferenza o leggere uno dei libri di De Benedetti, non può non restare sorpreso dal suo stile argomentativo. Non un procedere sillogistico o una concatenazione logica, ma un andamento a zig-zag, un procedere sincopato che – passando per una citazione biblica, un detto rabbinico, un racconto chassidico – riesce, improvvisamente, a rendere intelligibile l'argomento proposto. Alla fine della conferenza (o della lettura), insieme al fascino, resta una domanda: quale metodo ha guidato De Benedetti nel suo leggere ed interpretare la tradizione ebraica? Per rispondere a questo interrogativo è opportuno riferirsi al libro oggetto di questo Premio, Ciò che tarda avverrà (ed. Qiqaion, 1992). Proprio in apertura v’è un paragrafo dal titolo Il settantunesimo senso, che si potrebbe definire l'autointerpretazione debenedettiana della propria ermeneutica. Secondo un'opinione antica – raccolta nell'opera rabbinica medievale, Alfabeto di rabbi `Aqiva – ogni parola della Torà ha settanta sensi. Era la pluralità di «offerte di senso» attraverso cui il Signore, sul Sinai, dette la sua Torà a tutti i popoli della terra. La Scrittura quindi come donazione di una molteplicità di sensi. Ma chi determina il senso della Scrittura? De Benedetti individua quattro condizioni determinanti: il canone (esso stesso plurale), la Scrittura (nel suo interno richiamarsi in ogni parte), la comunità, ciascun lettore (la persona). È quest'ultima ad essere definita la scaturigine del settantunesimo senso. Il singolo è chiamato – nella forma dello Shema`: ascolta – a farsi carico dell'interpretazione della Parola. La Scrittura, interpellando ognuno nella sua singolarità, costringe a cercarvi un senso: il proprio. Di qui la legittimità del settantunesimo senso, pena il cadere in un idolatrico oggettivismo realistico. Anzi, solo se si danno molteplici settantunesimi sensi la Scrittura vive: ne va della memoria dell'elezione d'Israele, se è vero che l'elezione consiste nell'essere «chiamati ad udire. […] v'è un punto, ci pare, in cui Dio assume in particolar modo il settantunesimo senso debenedettiano, ed esso sta nella risposta al: che ne è di Dio dopo Auschwitz? Per PDB Dio, in quanto nostro alleato, dopo la Shoà “ci è debitore di una spiegazione: per questo crediamo in Lui e nella vita futura [...] L'esistenza del dolore ingiusto `salva Dio' solo se c'è un tempo o un luogo [...] in cui egli si spieghi e ci spieghi [...] Ma intanto non vogliamo sentire altri discorsi [...] Non vogliamo perché la prova che Dio ci ha chiesto è veramente grande: non ci sono parole utili, finché non parlerà Lui”. Qui, nel rifiuto di ogni forma di teodicea consolatoria, sta la “teologia del debito di Dio” di De Benedetti, che ha il suo apice in Quale Dio? Una domanda dalla storia (1996, Morcelliana). Un Dio che ha un futuro perché in debito con l’uomo. Potevano restare immutate, nell'abisso della Shoà, le categorie bibliche di giustizia e giustificazione? Se l'esigenza di giustizia per l'uomo è divenuta ancor più lancinante, è anche Dio ora a necessitare di giustificazione: di salvezza. «Quella vita (futura), scrive De Benedetti, è più necessaria a Dio che a noi, perché sarà l'unica possibilità, per lui, di rispondere alle nostre domande e salvarsi insieme a noi, come dice un antico inno liturgico `te e noi salva'». JHWH è Dio della storia proprio perché vive fino in fondo la lacerazione del suo silenzio nella Shoà. Dopo Auschwitz è possibile solo una teologia di un Dio che è in quanto deve giustificarsi per e dell'irredento, ed ogni nostra domanda teologica non potrà non articolarsi nella forma del come se e del forse – quasi a testimoniare nello stile l'incompiutezza e la precarietà del mondo. Nel frattempo – si potrebbe definire: il tempo della distretta di Dio – a noi non resta, dice De Benedetti, che reinterrogare la Torà (la Legge), lasciandoci «guidare nell'esistenza quotidiana da quel Dio che si cela nei precetti (mitzvot)». […]Dio è stesso sembra in attesa di un futuro escatologico: questo è l’estremo esito del discorso debenedettiano; un dire che si declina in forme cautelative, dubbiose: «non so», davar acher (altra interpretazione), ‘ulaj (forse), kiv-jakol (se così si può dire), mi jodeà (chi sa?), tequ (sospeso). Quasi fossero le categorie chiave della teologia del debito di Dio. La verità (emet) fa tutt’uno con il susseguirsi inesausto di punti di domanda. Questo, ci pare, è il contributo di De Benedetti all’ermeneutica contemporanea: ha coniato categorie – settantunesimo senso – o risemantizzato altre della tradizione rabbinica – appunto: «non so», davar acher (altra interpretazione), ‘ulaj (forse), kiv-jakol, mi jodeà (chi sa?), tequ (sospeso) – che non solo trascendono la divisione tra teologia e filosofia, tra ebraismo e cristianesimo, tra credenti e non credenti, ma indicano nuove piste di ricerca, danno a pensare... Non è questa l' impronta marrana – “un instabile equilibrio tra radice ebraica e formazione cristiana” – dell’ermeneutica debenedettiana? Un marranesimo che è un ponte, un invito all’esodo dalla proprie irriflesse certezza. Premiando Ciò che tarda avverrà di De Benedetti, questa Giuria rende omaggio a un maestro marrano, a un modello di ermeneutica marrana».

I PROTAGONISTI

I relatori, tutti di elevata caratura, hanno saputo unire all’indubbio rigore scientifico, un’acuta problematizzazione del tema in oggetto, a partire da prospettive distinte e plurali. Una disamina a più voci che si è rivelata efficace anche grazie alla capacità argomentativa nell’articolazione di ogni intervento. Per la scuola francese, il Festival ha ospitato per il quarto anno consecutivo l’antropologo di fama mondiale Marc Augé – tra i maggiori africanisti del nostro tempo. Per la scuola tedesca ha confermato la sua presenza uno dei massimi filosofi della religione viventi, Bernhard Casper, professore emerito alla Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg i.B., vincitore della Prima Edizione del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente con il volume Das Dialogische Denken. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner und Martin Buber (Alber 1967; 2002); tr. it. Il pensiero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber (Morcelliana 2009). Casper ha tenuto ben due lezioni magistrali: l’una ispirata al tema del Festival; l’altra, dedicata alla città di Travagliato che gli ha conferito la cittadinanza onoraria lo scorso 7 luglio 2012, e che ha indagato, dal punto di vista di una theologia monumentalis, dopo la Salita al Calvario, l’Assunzione del Civerchio facendo emergere le ripercussioni filosofiche e teologiche della pittura dell’artista cremasco. Per l’occasione è stato presentato in prima nazionale il volume: Evento della pittura ed esistenza umana vissuta. Su due opere di Vincenzo Civerchio a Travagliato, tr. it. di L. Bonvicini, intr. e cura di F. Nodari, Morcelliana, Brescia 2014. È intervenuto, inoltre, il meglio del pensiero italiano: da Umberto Curi – professore emerito di Storia della filosofia all’Università di Padova e docente all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano a Roberto Mordacci – Preside della Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano dove è anche professore di Filosofia morale. Da Francesco Miano – ordinario di Filosofia morale all’Università degli studi di Roma Tor Vergata nonché Presidente nazionale dell’Azione Cattolica. Da Sergio Givone – già pro-rettore dell’Università di Firenze e ordinario di Estetica nel medesimo Ateneo – a Chiara Saraceno – già ordinario di Sociologia della famiglia presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino e professore di ricerca presso il Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino, è attualmente honorary fellow al Collegio Carlo Alberto di Torino. Da Michela Marzano – ordinario all’Université Paris Descartes, dove è anche direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali – a Massimo Cacciari – tra i maggiori e più apprezzati filosofi contemporanei, professore di Estetica sempre all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. E ancora, da Franco La Cecla – allievo di Ivan Illich, antropologo e architetto, che ha insegnato Antropologia culturale presso lo IUAV di Venezia e l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ed è stato professore invitato in numerosi atenei stranieri – a Massimo Donà– ordinario di Filosofia teoretica presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano con la passione per la musica che lo ha portato, negli anni, a suonare con alcuni protagonisti indiscussi del jazz contemporaneo e a formare il Massimo Donà Quartet. Da Armando Savignano – tra i maggiori interpreti contemporanei del pensiero spagnolo ed iberoamericano moderno e contemporaneo, ordinario di Filosofia Morale all’Università degli studi di Trieste dove è anche Direttore del Dipartimento della Formazione e dell’Educazione – a Francesca Rigotti – professoressa di Dottrine politiche all’Università di Lugano. Da Adriano Fabris – professore ordinario di Filosofia morale all’Università di Pisa dove insegna anche Filosofia delle religioni ed Etica della comunicazione e Presidente della Giuria del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente a Remo Bodei – professore di Filosofia presso la University of California (Los Angeles) e tra i massimi esperti delle filosofie dell’idealismo classico tedesco e dell’età romantica. Da Salvatore Natoli – conosciuto come il filosofo dello «stare al mondo» e ordinario di Filosofia teoretica all’Università degli Studi Milano-Bicocca nonché padrino del Festival. Da Stefano Semplici – ordinario di Etica sociale all’Università «Tor Vergata» di Roma e Presidente del Comitato Internazionale di Bioetica dell’Unesco – a Maria Rita Parsi – psicoterapeuta, scrittrice, Presidente della Fondazione Movimento Bambino, membro del Comitato ONU per i Diritti del Fanciullo nonché madrina del Festival.

I NUMERI DEL FESTIVAL

Le visite sul sito del Festival: www.filosofilungologlio.it hanno fatto registrare un incremento pari al 25%, se confrontate con l’edizione 2013. La media giornaliera, nel corso dei 46 giorni di durata del Festival, è di 3.556 visite, con picchi di 10.000. Senza dimenticare le interazioni attraverso i social media ove si è verificato un incremento ragguardevole degli utenti: si pensi solo a Facebook con 3.000 impressioni circa al giorno. Un altro elemento rilevante è la percentuale di visitatori da tutta Italia (Brescia 30,81%, Milano 21,26%, Roma 8,79%, Bergamo 3,88%, Cremona 1,71%, Torino 1,68%, Mantova 1,64%, Verona 1,01%, Bologna 1,01% e altre 297 località italiane) e dall’estero (Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Romania, Croazia, Slovenia, San Marino, Gran Bretagna, Marocco, Danimarca, Olanda, Irlanda, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, India, Filippine, Russia, Islanda, Thailandia, Sud Africa). L’affluenza reale, rispecchiando l’andamento di quella virtuale, ha superato di gran lunga le più rosee previsioni attestandosi, a 19.556 presenze. Il pubblico trasversale per provenienza geografica, culturale, sociale, anagrafica, vanta anche quest’anno un numero consistente di giovani. «Siamo molto soddisfatti – ha dichiarato il Direttore scientifico, Francesca Nodari – per il risultato raggiunto: l’ulteriore crescita del Festival ci conferma il progressivo radicamento nel territorio di una manifestazione attesa e seguita nonostante le distanze da percorrere e le condizioni meteorologiche quest’anno particolarmente avverse. Eppure è stato più forte il bisogno e la forte motivazione di unirsi a questa grande “compagnia umana” per ascoltare le parole del Maestro e poi dibattere con lui. A nome dell’intero Comitato Scientifico del Festival composto dai Professori: Bernhard Casper, Ilario Bertoletti, Piero Coda, Adriano Fabris, Aldo Magris, Salvatore Natoli, Maria Rita Parsi e del Consiglio direttivo della nostra Associazione desidero esprimere i più vivi ringraziamenti agli illustri relatori che hanno offerto il loro alto contributo di pensiero prestandosi ad ulteriori approfondimenti con generosità e un tratto umano che li contraddistingue, a tutti gli enti, le fondazioni, le istituzioni, gli sponsor coinvolti in questa manifestazione. Un grazie alla stampa, alle televisioni e alle radio che hanno seguito questo Simposio di Pensiero di Parole. Un grazie ancora ai parroci e ai sacerdoti che hanno spalancato le porte delle loro chiese nelle molte serate piovose, un grazie ai volontari, ai più stretti collaboratori, a tutti coloro che ci hanno sostenuto e, naturalmente, un grazie di cuore al nostro straordinario pubblico, o meglio, alla catena umana di amici pensanti».

RIEPILOGO
19 lezioni magistrali.
17 località ospitanti.
20 giorni di attività: lezioni magistrali, cerimonia di proclamazione del vincitore del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente.
46 giorni: l’arco di durata del Festival.
3.000 impressioni con interazioni al giorno su Facebook
138.000 le impressioni su Facebook nell’arco della manifestazione
3.556 la media giornaliera dei contatti sul sito.
10.000 il picco di contatti raggiunto in un giorno.
163.576 i contatti sul sito nel corso del Festival.
19.556 le presenze registrate nel corso della manifestazione.

PANE QUOTIDIANO PER TUTTA L’UMANITÀ È LA PAROLA CHIAVE DELL’EDIZIONE 2015

PANE QUOTIDIANO PER TUTTA L’UMANITÀ è la parola chiave scelta per l’edizione 2015 del Festival, edizione in cui ricorre il decennale della manifestazione. Lo hanno comunicato al termine della serata conclusiva del Festival Bernhard Casper, in rappresentanza dell’intero Comitato scientifico, e Francesca Nodari, direttore scientifico del Festival. «Nell’anno dell’Expo, nell’era della globalizzazione – hanno dichiarato – una parola che rischiara le urgenze del presente: pane quotidiano come tema della giustizia sociale, come cifra del necessario sostentamento, come elemento della vita spirituale, come un nutrirsi che implica inevitabilmente un dipendere da altro e da altri. Un tema, dunque, che va a toccare le radici filosofiche e religiose della grandi tradizioni culturali».

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