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Venerdì, 17 Giugno 2016 17:05

Caselli, la gratuità del senso dello Stato e di un'Italia coraggiosa

Folla a Villachiara per l'appassionata conferenza del magistrato antimafia a «Filosofi lungo l'Oglio»

Scattate la fotografia del palco e mostratela tra dieci anni ai vostri figli. Istruiteli soltanto sui nomi dei partecipanti e il luogo dell'incontro, poi domandate di tradurre il gruppo alla cascina Le Vittorie, «provincia di Villachiara», composto dal giudice Giancarlo Caselli, dal filosofo Francesca Nodari, dal presidente Coldiretti Ettore Prandini, dal sindaco di Villachiara, Angelo Riccardi, dal presidente della commissione Antimafia, il consigliere
regionale, Gianni Galperti. Davanti mezzo migliaio di persone, ferme sotto una vaga minaccia di pioggia. L'altra sera il popolo dei «Filosofi lungo l'Oglio» stava nella sempre sorprendente cascina Le Vittorie, casa e azienda di Antonia e Francesca Nodari, quest'ultima presidente della Fondazione che da 11 anni organizza il viaggio per una carovana umana che passa mezza estate ad ascoltare filosofi, scegliendo una parola-valore, quest'anno «Gratuità».
I magnifici alpini cantano nella pianura le canzoni della montagna e l'inno d'Italia. Sul palco, battuto alla luce dei fari da una sfida ansiosa tra accenni ai pioggia e falene, un personaggio dell'Italia che vive, vince, perde, rinasce e sta in campo sotto il tiro della propria coscienza e un dovere portato sull'orlo del sacrificio estremo: Giancarlo Caselli, dal 1973 sotto scorta, giudice, docente, oggi presidente dell'Osservatorio di legalità della Coldiretti. Persuaso a venire qui dal presidente Ettore Prandini, i due sono amici e sviluppano un pensiero convergente, grazie a un processo di cambiamento dell'organizzazione sindacale in soggetto di comunità: dobbiamo cambiare in meglio per un paese migliore e affrontare le questioni scomode del caporalato, della difesa dell'ambiente, dei prodotti di qualità, tutelando le persone e la terra.

Il dono. Francesca Nodari ricorda il dono di Caselli, il suo libro, lui è subito visibile anche
dalle barchesse lontane, per via di quei capelli bianchi, per via della scorta di ragazzi, cui dedica il suo ultimo libro, «Nient' altro che la verità». Dunque la gratuità della scorta, che «mi ha salvato tante volte la vita», dice, la gratuità di una famiglia che accetta la missione
del «padre», da giudice a Torino contro il terrorismo rosso a Palermo contro la mafia dopo l'assassinio di Falcone e Borsellino. Il piemontese scende a Palermo, si prende del comunista da una volgare oralità di Totò Riina e una volta tornato a Torino, appena mette sotto accusa certi personaggi del movimento No Tav, che tirano bulloni, molotov e asserragliano nei cantieri poliziotti e lavoratori, allora si prende del fascista, qualcuno scrive sui muri della sua città «mafioso». Più gratuità di questa? I suoi consigli: niente indifferenza, stare in campo, si vive meglio tutti assieme, rifiutare quel negazionismo
riapparso poche ora fa nella sentenza di appello che assolve, a Ostia, dal reato di mafia, molti personaggi di mafia capitale. Ma non demoliamo la parte coraggiosa e nobile di un'Italia che insegna al mondo la legislazione contro la mafia.

Il giudice vestito di un vigore monacale è ottimista: ce la possiamo fare. Il caposcorta, padre di Crotone, madre di Matera, parla con noi della sua terra battuta dalla storia. Fa danzare gli occhi su ogni fila di persone. È la gratuità di una fede per lo Stato e di una stima-amica per il giudice. Stasera rientra su Torino. A casa.

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