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Maurizio Bettini

Osare. Crimine o virtù?


«L'etimologia latina di "avventura", da ad-ventura, suggerisce gli eventi che avverranno. Essere avventurosi implica correre incontro al proprio futuro, a ciò che ci attende e ciò che ancora ci è ignoto. In un certo senso, è abbracciare il rischio».


Maurizio Bettini, esperto di filologia classica, esplora il concetto di "osare". Osare comporta una trasgressione dei limiti, sfidando il precetto delfico "niente di troppo". Tuttavia, senza osare, non si progredisce e si rimane prigionieri di confini imposti dalla società o dalla tradizione. Esaminando le radici etimologiche del termine, si rivela il desiderio insopprimibile dell'uomo.

 Osare è una parola ambigua, perché implica un "limite". Osare significa infatti trasgredire un confine, violare il precetto delfico "medén agan" ossia "niente di troppo", e inoltrarsi in un territorio proibito, o che almeno sembrava tale. D'altra parte , se non si osa, neppure si progredisce, si resta per sempre prigionieri di quel “limite” spesso non tracciato da noi, ma da altri – la società, la tradizione, i buoni costumi, la natura .... E dunque che fare? Per provare a rispondere a questa domanda, possiamo partire dalle stesse radici etimologiche del verbo italiano "osare" e scoprire, in definitiva, che dietro questo impulso si cela qualcosa di insopprimibile nell'uomo: il desiderio.

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