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Massimiliano Valerii

Maghi, eretici e scienziati: quando abbiamo iniziato ad osare


«Non dobbiamo permettere che la nuova era si costruisca orfana di una profonda riflessione sul piano filosofico; perché ogni modernità nasce da una rivolta del pensiero, nasce dalla filosofia».


Massimiliano Valerii, Direttore del CENSIS, delinea il percorso dei filosofi della natura rinascimentali, da Giordano Bruno a Galileo Galilei, che sfidarono superstizioni e dogmi, subendo esili, imprigionamenti e censure. Questi eroi illuminarono il conflitto tra verità e potere, pionieri del primato della ragione e del metodo scientifico sperimentale, anticipando i dilemmi dell'uomo moderno, oscillante tra immanenza e trascendenza.

Con gli eroici filosofi della natura rinascimentali (Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei) inizia quella rivolta metafisica su cui si costruirà nei secoli successivi la modernità, passando per la rivoluzione scientifica, la rivoluzione industriale e la rivoluzione dei diritti borghesi. Quei pensatori furono tutti esiliati, costretti al vagabondaggio, sottoposti a interrogatori, imprigionati, e le loro opere messe all’indice, perché avevano osato sfidare le superstizioni e le credenze dogmatiche, aprendo il conflitto tra verità e potere. È allora che si comincia a giurare su un principio nuovo: la ragione, che deve condurre alla verità dimostrata attraverso il metodo sperimentale. Ma appena la modernità comincia, ecco che il suo paradigma già si incrina. Non è Bruno a noi più vicino, l’inflessibile campione romantico che va incontro fieramente al supplizio, morendo arso sul rogo pur di non rinnegare la sua filosofia; né l’indomabile Campanella, l’eretico trascinato in catene, torturato e incarcerato per ventisette lunghi anni. Bensì Galilei, il quale invece si piega all’umiliazione dell’abiura: a prima vista ipocrita e privo di coraggio, pronto alla ritrattazione per sfuggire al martirio e conservare la libertà, in realtà il matematico pisano anticipa i laceranti conflitti impliciti nel primato della scienza e della tecnica. È tutto qui il dramma dell’uomo moderno, vacillante tra un destino di integrale immanenza e un insopprimibile bisogno di trascendenza. I suoi tormenti di allora sono anche i nostri angosciosi dilemmi di oggi, nei nostri tempi inquieti, in cui viviamo il crepuscolo dell’antropocentrismo inteso come dominio onnipotente e incontrastato dell’individuo sul mondo e sugli eventi. Privati del conforto di una teleologia rassicurante, malinconicamente costretti a confrontarci con i nostri limiti, senza più credere alle radiose promesse della modernità, oggi sull’umanità sembrano incombere nuovi rischi capitali: la guerra, la minaccia atomica, la crisi climatica. E sembra profilarsi una scabrosa alternativa: o la scienza o la vita.

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